Città
del Vaticano, 26 aprile 2014
(VIS). Giovanni XXIII nacque a Sotto il Monte, in provincia di
Bergamo, il 25 novembre 1881, primo figlio maschio di Marianna
Mazzola e di Giovanni Battista Roncalli. La sera stessa il neonato
venne battezzato dal parroco don Francesco Rebuzzini, ricevendo il
nome di Angelo Giuseppe. Gli fece da padrino l'anziano prozio Zaverio
Roncalli, il primo dei sette zii di papà Battista, uomo molto pio,
che, rimasto celibe, si era assunto il compito di educare
religiosamente i numerosi nipoti. Il futuro Giovanni XXIII conservò
un ricordo commosso e riconoscente per le cure e le sollecitudini di
questo vecchio patriarca.
Manifestando
fin dalla fanciullezza una seria inclinazione alla vita
ecclesiastica, terminate le elementari, si preparò all'ingresso nel
seminario diocesano ricevendo un supplemento di lezioni di italiano e
latino da alcuni sacerdoti del luogo e frequentando il prestigioso
collegio di Celana. Il 7 novembre 1892 fece il suo ingresso nel
seminario di Bergamo, dove fu ammesso alla terza classe ginnasiale.
Dopo un avvio difficoltoso per l'insufficiente preparazione, non
tardò a distinguersi sia nello studio che nella formazione
spirituale, tanto che i superiori lo ammisero prima del compimento
del quattordicesimo anno alla tonsura. Avendo proficuamente terminato
nel luglio del 1900 il secondo anno di teologia, fu inviato il
gennaio successivo a Roma presso il seminario romano dell'Apollinare,
dove esistevano alcune borse di studio a favore dei chierici
bergamaschi. Pur con l'intermezzo di un anno di servizio militare
prestato a Bergamo a partire dal 30 novembre 1901, la formazione
seminaristica risultò particolarmente fruttuosa.
Il
13 luglio 1904, alla giovanissima età di ventidue anni e mezzo,
conseguì il dottorato in teologia. Con il più lusinghiero giudizio
dei superiori, il 10 agosto 1904, fu ordinato sacerdote nella chiesa
di S. Maria di Monte Santo; celebrò la prima Messa il giorno
seguente nella Basilica di S. Pietro, durante la quale ribadì la sua
donazione totale a Cristo e la sua fedeltà alla Chiesa. Dopo un
breve soggiorno nel paese natale, nell'ottobre iniziò a Roma gli
studi di diritto canonico, interrotti nel febbraio del 1905, quando
fu scelto quale segretario dal nuovo Vescovo di Bergamo Mons. Giacomo
Radini Tedeschi. Furono circa dieci anni di intenso impegno accanto
ad un Vescovo autorevole, molto dinamico e ricco di iniziative che
contribuirono a fare della diocesi bergamasca un modello per la
Chiesa italiana.
Oltre
al compito di segretario, svolse altri numerosi incarichi. Dal 1906
ebbe l'impegno dell'insegnamento di numerose materie in seminario:
storia ecclesiastica, patrologia e apologetica; dal 1910 gli fu
assegnato anche il corso di teologia fondamentale. Salvo brevi
intervalli, svolse questi incarichi fino al 1914. Lo studio della
storia gli consentì l'elaborazione di alcuni studi di storia locale,
tra cui la pubblicazione degli Atti della Visita Apostolica di s.
Carlo a Bergamo (1575), una fatica durata decenni e portata a termine
alla vigilia dell'elezione al Pontificato. Fu anche direttore del
periodico diocesano "La Vita Diocesana" e dal 1910
assistente dell'Unione Donne Cattoliche. La prematura scomparsa di
Mons. Radini nel 1914 pose fine ad un'esperienza pastorale
eccezionale, che, se pur segnata da qualche sofferenza come
l'infondata accusa a lui rivolta di modernismo, il futuro Giovanni
XXIII considerò sempre punto di riferimento fondamentale per
l'assolvimento degli incarichi a cui fu di volta in volta chiamato.
Lo scoppio della guerra nel 1915 lo vide prodigarsi per più di tre
anni come cappellano col grado di sergente nell'assistenza ai feriti
ricoverati negli ospedali militari di Bergamo, giungendo ad atti di
autentico eroismo. Nel luglio del 1918 accettò generosamente di
prestare servizio ai soldati affetti da tubercolosi, sapendo di
rischiare la vita per il pericolo di contagio.
Del
tutto inaspettato giunse nel dicembre del 1920 l'invito del Papa a
presiedere l'opera di Propagazione della Fede in Italia, quando a
Bergamo aveva da poco avviato l'esperienza della Casa degli studenti,
un'istituzione a metà tra il pensionato e il collegio, e
contemporaneamente fungeva da direttore spirituale in seminario. Dopo
forti titubanze, finì con l'accettare, iniziando con molta cautela
un incarico che si presentava molto delicato per i rapporti con le
organizzazioni missionarie già esistenti. Compì un lungo viaggio
all'estero per la realizzazione del progetto della Santa Sede mirante
a portare a Roma le varie istituzioni di sostegno alle missioni e
visitò diverse diocesi italiane per la raccolta di fondi e
l'illustrazione delle finalità dell'opera da lui presieduta.
Nel
1925 con la nomina a Visitatore Apostolico in Bulgaria iniziò il
periodo diplomatico a servizio della Santa Sede, che si prolungò
fino al 1952. Dopo l'ordinazione episcopale avvenuta a Roma il 19
marzo 1925, partì per la Bulgaria con il compito soprattutto di
provvedere ai gravi bisogni della piccola e disastrata comunità
cattolica. L'incarico inizialmente a termine si trasformò in una
permanenza decennale, durante la quale Roncalli pose le basi per la
fondazione di una Delegazione Apostolica, di cui lui stesso venne
nominato primo rappresentante nel 1931. Non senza difficoltà riuscì
a riorganizzare la Chiesa cattolica, ad instaurare relazioni
amichevoli con il Governo e la Casa Reale bulgara, nonostante
l'incidente del matrimonio ortodosso di re Boris con la principessa
Giovanna di Savoia, e ad avviare i primi contatti ecumenici con la
Chiesa Ortodossa bulgara. Il 27 novembre 1934 fu nominato Delegato
Apostolico in Turchia ed in Grecia, paesi anche questi senza
relazioni diplomatiche con il Vaticano. A differenza della Grecia,
dove l'azione di Roncalli non ottenne risultati di rilievo, le
relazioni con il governo turco invece migliorano progressivamente per
la comprensione e la disponibilità mostrate dal Delegato
nell'accettare le misure ispirate dalla politica di laicizzazione
perseguite da quel governo. Con tatto e abilità organizzò alcuni
incontri ufficiali con il Patriarca di Costantinopoli, i primi dopo
secoli di separazione con la Chiesa Cattolica.
Durante
la Seconda Guerra Mondiale conservò un prudenziale atteggiamento di
neutralità, che gli permise di svolgere un'efficace azione di
assistenza a favore degli Ebrei, salvati a migliaia dallo sterminio,
e a favore della popolazione greca, stremata dalla fame.
Inaspettatamente,
per decisione personale di Pio XII, fu promosso alla prestigiosa
Nunziatura di Parigi, dove giunse con grande sollecitudine il 30
dicembre 1944. Lo attendeva una situazione particolarmente intricata.
Il governo provvisorio chiedeva la destituzione di ben trenta
Vescovi, accusati di collaborazionismo con il governo di Vichy. La
calma e l'abilità del nuovo Nunzio riuscirono a limitare a solo tre
il numero dei Vescovi destituiti. Le sue doti umane lo imposero alla
stima dell'ambiente diplomatico e politico parigino, dove instaurò
rapporti di cordiale amicizia con alcuni massimi esponenti del
governo francese. La sua attività diplomatica assunse una esplicita
connotazione pastorale attraverso visite a molte diocesi della
Francia, Algeria compresa.
L'effervescenza
e l'ansia apostolica della Chiesa francese, testimoniata dall'avvio
dell'esperienza dei preti operai, trovarono in Roncalli un
osservatore attento e prudente, che riteneva necessario un congruo
periodo di tempo prima di una decisione definitiva. Coerentemente al
suo stile di obbedienza, accettò prontamente la proposta di
trasferimento alla sede di Venezia ove giunse il 5 marzo 1953, fresco
della nomina cardinalizia decisa nell'ultimo Concistoro di Pio XII.
Il suo episcopato si caratterizzò per lo scrupoloso impegno con cui
adempì i principali doveri del Vescovo, la visita pastorale e la
celebrazione del Sinodo diocesano. La rievocazione della storia
religiosa di Venezia gli suggerì iniziative pastorali nuove, come il
progetto di riavvicinare i fedeli alla Sacra Scrittura, rifacendosi
alla figura del proto-patriarca s. Lorenzo Giustiniani, solennemente
commemorato nel corso del 1956.
L'elezione,
il 28 ottobre 1958, del settantasettenne Cardinale Roncalli a
Successore di Pio XII induceva molti a pensare ad un Pontificato di
transizione. Ma fin dall'inizio Giovanni XXIII rivelò uno stile che
rifletteva la sua personalità umana e sacerdotale maturata
attraverso una significativa serie di esperienze. Oltre a
ripristinare il regolare funzionamento degli organismi curiali, si
preoccupò di conferire un'impronta pastorale al suo ministero,
sottolineandone la natura episcopale in quanto Vescovo di Roma.
Convinto che il diretto interessamento della diocesi costituiva una
parte essenziale del Ministero Pontificio, moltiplicò i contatti con
i fedeli tramite le visite alle parrocchie, agli ospedali e alle
carceri. Attraverso la convocazione del Sinodo diocesano volle
assicurare il regolare funzionamento delle istituzioni diocesane
mediante il rafforzamento del Vicariato e la normalizzazione della
vita parrocchiale.
Il
più grande contributo giovanneo è rappresentato senza dubbio dal
Concilio Vaticano II, il cui annuncio fu dato nella basilica di s.
Paolo il 25 aprile 1959. Si trattava di una decisione personale,
presa dal Papa dopo consultazioni private con alcuni intimi e col
Segretario di Stato, Cardinale Tardini. Le finalità assegnate
all'Assise Conciliare, elaborate in maniera compiuta nel discorso di
apertura dell'11 ottobre 1962, erano originali: non si trattava di
definire nuove verità, ma di riesporre la dottrina tradizionale in
modo più adatto alla sensibilità moderna. Nella prospettiva di un
aggiornamento riguardante tutta la vita della Chiesa, Giovanni XXIII
invitava a privilegiare la misericordia e il dialogo con il mondo
piuttosto che la condanna e la contrapposizione in una rinnovata
consapevolezza della missione ecclesiale che abbracciava tutti gli
uomini. In quest'apertura universale non potevano essere escluse le
varie confessioni cristiane, invitate anch'esse a partecipare al
Concilio per dare inizio ad un cammino di avvicinamento. Nel corso
della prima fase si poté costatare che Giovanni XXIII voleva un
Concilio veramente deliberante, di cui rispettò le decisioni dopo
che tutte le voci ebbero modo di esprimersi e di confrontarsi.
Nella
primavera del 1963 fu insignito del Premio "Balzan" per la
pace a testimonianza del suo impegno a favore della pace con la
pubblicazione delle Encicliche Mater et Magistra (1961) e Pacem in
terris (1963) e del suo decisivo intervento in occasione della grave
crisi di Cuba nell'autunno del 1962. Il prestigio e l'ammirazione
universali si poterono misurare pienamente in occasione delle ultime
settimane della sua vita, quando tutto il mondo si trovò trepidante
attorno al capezzale del Papa morente ed accolse con profondo dolore
la notizia della sua scomparsa la sera del 3 giugno 1963.
Fu
proclamato Beato da Giovanni Paolo II, il 3 settembre 2000. Il giorno
della memoria liturgica è l'11 ottobre, data di apertura del
Concilio Vaticano II.
Nell'omelia
così lo ricorda Giovanni Paolo II: "Contempliamo quest'oggi
nella gloria del Signore un altro Pontefice, Giovanni XXIII, il Papa
che colpì il mondo per l'affabilità del tratto, da cui traspariva
la singolare bontà dell'animo. I disegni divini hanno voluto che la
beatificazione accomunasse due Papi vissuti in contesti storici ben
diversi, ma legati, al di là delle apparenze, da non poche
somiglianze sul piano umano e spirituale. È
nota la profonda venerazione che Papa Giovanni aveva per Pio IX, del
quale auspicava la beatificazione. Durante un ritiro spirituale, nel
1959, scriveva nel suo Diario: 'Io penso sempre a Pio IX di santa e
gloriosa memoria, ed imitandolo nei suoi sacrifici, vorrei essere
degno di celebrarne la canonizzazione'". (Giornale dell'Anima,
p. 560).
"Di
Papa Giovanni rimane nel ricordo di tutti l'immagine di un volto
sorridente e di due braccia spalancate in un abbraccio al mondo
intero. Quante persone sono restate conquistate dalla semplicità del
suo animo, congiunta ad un'ampia esperienza di uomini e di cose! La
ventata di novità da lui portata non riguardava certamente la
dottrina, ma piuttosto il modo di esporla; nuovo era lo stile nel
parlare e nell'agire, nuova la carica di simpatia con cui egli
avvicinava le persone comuni e i potenti della terra. Fu con questo
spirito che egli indisse il Concilio Ecumenico Vaticano II, col quale
aprì una nuova pagina nella storia della Chiesa: i cristiani si
sentirono chiamati ad annunciare il Vangelo con rinnovato coraggio e
con più vigile attenzione ai 'segni' dei tempi. Il Concilio fu
davvero un'intuizione profetica di questo anziano Pontefice che
inaugurò, pur tra non poche difficoltà, una stagione di speranza
per i cristiani e per l'umanità".
"Negli
ultimi momenti della sua esistenza terrena, egli affidò alla Chiesa
il suo testamento: 'Ciò che più vale nella vita è Gesù Cristo
benedetto, la sua Santa Chiesa, il suo Vangelo, la verità e la
bontà'. Questo testamento vogliamo raccogliere oggi anche noi,
mentre rendiamo gloria a Dio per avercelo donato come Pastore".
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