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lunedì 27 maggio 2013

IL PAPA: NON C'È PEGGIORE POVERTÀ MATERIALE DI QUELLA CHE NON PERMETTE DI GUADAGNARSI IL PANE

Città del Vaticano, 25 maggio 2013 (VIS). Questa mattina il Santo Padre Francesco ha ricevuto i membri della Fondazione "Centesimus annus Pro Pontifice" - istituita venti anni fa dal Beato Giovanni Paolo II - in occasione del Convegno internazionale, sul tema: "Ripensando la solidarietà per l’impiego: le sfide del ventunesimo secolo”.

Nel suo discorso il Papa ha ricordato che la Fondazione porta lo stesso nome dell'Enciclica che Giovanni Paolo II firmò nel centenario della "Rerum novarum" e che il suo ambito di riflessione e di azione è quello della Dottrina sociale della Chiesa.

"Che cosa significa 'ripensare la solidarietà?' Certamente non significa - ha detto il Papa - mettere in discussione il recente magistero, che anzi dimostra sempre più la sua lungimiranza e la sua attualità. Piuttosto 'ripensare' mi pare significhi due cose: anzitutto coniugare il magistero con l’evoluzione socio-economica, che, essendo costante e rapida, presenta aspetti sempre nuovi; in secondo luogo, 'ripensare' vuol dire approfondire, riflettere ulteriormente, per far emergere tutta la fecondità di un valore – la solidarietà, in questo caso – che in profondità attinge dal Vangelo, cioè da Gesù Cristo, e quindi come tale contiene potenzialità inesauribili".

"L’attuale crisi economica e sociale rende ancora più urgente questo 'ripensare' (...) È un fenomeno, quello della disoccupazione - della mancanza e della perdita del lavoro - che si sta allargando a macchia d’olio in ampie zone dell’occidente e che sta estendendo in modo preoccupante i confini della povertà. E non c’è peggiore povertà materiale, mi preme sottolinearlo, di quella che non permette di guadagnarsi il pane e che priva della dignità del lavoro. Ormai questo 'qualcosa che non funziona' non riguarda più soltanto il sud del mondo, ma l’intero pianeta. Ecco allora l’esigenza di 'ripensare la solidarietà non più come semplice assistenza nei confronti dei più poveri, ma come ripensamento globale di tutto il sistema, come ricerca di vie per riformarlo e correggerlo in modo coerente con i diritti fondamentali dell’uomo, di tutti gli uomini. A questa parola 'solidarietà', non ben vista dal mondo economico - come se fosse una parola cattiva -, bisogna ridare la sua meritata cittadinanza sociale".

"La crisi attuale non è solo economica e finanziaria - ha sottolineato infine il Pontefice - ma affonda le radici in una crisi etica e antropologica. Seguire gli idoli del potere, del profitto, del denaro, al di sopra del valore della persona umana, è diventato norma fondamentale di funzionamento e criterio decisivo di organizzazione. Ci si è dimenticati e ci si dimentica tuttora che al di sopra degli affari, della logica e dei parametri di mercato, c’è l’essere umano e c’è qualcosa che è dovuto all’uomo in quanto uomo, in virtù della sua dignità profonda: offrirgli la possibilità di vivere dignitosamente e di partecipare attivamente al bene comune".




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