Città
del Vaticano, 23 ottobre 2012
(VIS). È
stata pubblicata oggi la sentenza del Tribunale della Stato della
Città del Vaticano contro Paolo Gabriele, emessa il 6 ottobre
scorso, con la quale lo si dichiarava colpevole del delitto di furto
aggravato.
Come
si ricorderà il Tribunale ha condannato Gabriele alla pena di tre
anni di reclusione, ma "considerate l’assenza di precedenti
penali, le risultanze dello stato di servizio in epoca antecedente ai
fatti contestati, il convincimento soggettivo - sia pure erroneo -
indicato dall’imputato quale movente della sua condotta, nonché la
dichiarazione circa la sopravvenuta consapevolezza di aver tradito la
fiducia del Santo Padre, diminuisce la pena ad anni uno (1) e mesi 6
(sei) di reclusione; condanna il medesimo al rifacimento delle spese
processuali".
Il
Direttore della Sala Stampa della Santa Sede, Padre Federico
Lombardi, S.I., ha spiegato questa mattina nel corso di un briefing
alcuni punti della sentenza, centrata sul delitto di sottrazione di
documenti, sopratutto di testi originali, mentre non sono stati
considerati rilevanti altri oggetti come una pepita d'oro, un assegno
a nome del Santo Padre e una edizione rinascimentale dell'"Eneide",
giacché esistono contraddizioni sia nella modalità della
perquisizione durante la quale sono state trovate e non risulta la
colpevolezza provata di Gabriele.
Relativamente
all'imputabilità dell'accusato è stato escluso, mediante perizia
psichiatrica, qualunque grave difetto psichico che impedisca di
essere consapevole delle responsabilità dei fatti. Il Tribunale si è
preoccupato di definire i termini giuridici del delitto di furto, la
sottrazione di un oggetto o il suo possesso, senza il consenso del
proprietario, con il fine di ottenerne beneficio. Per cui si tratta
di furto e non di appropriazione indebita, però è stato specificato
che il beneficio che Gabriele voleva ottenere non era di natura
economica ma intellettuale e morale.
Altro
tema è stato quello della "suggestione" di Gabriele da
parte di terze persone. Un termine interpretato anche come complicità
o influenza. L'imputato afferma che la parola non significa
collaborazione di altre persone, ma influsso dell'ambiente che ha
portato la convinzione soggettiva di agire per il bene del Santo
Padre e della Chiesa.
Per
quanto attiene alla questioni delle aggravanti e delle attenuanti, il
Direttore della Sala Stampa della Santa Sede, ha precisato che ai
primi corrisponde il furto con abuso di fiducia e la diffusione di
documenti riservati; ai secondi l'assenza di precedenti penali e la
convinzione morale di Gabriele.
In
riferimento alla condanna, il Padre Lombardi ha ricordato che il
Tribunale si è basato sulle pene previste per questo delitto dal
Codice Penale; il Promotore di Giustizia aveva chiesto per Gabriele
l'interdizione perpetua del disimpegno di cariche pubbliche, però,
giacché la condanna finale è di un anno e sei mesi ed il Codice
Penale non prevede tale misura, l'interdizione rimane limitata.
Parimenti è stato deciso, sempre per la gravità del delitto, di non
applicare la sospensione condizionale della pena.
Infine,
il Direttore della Sala Stampa, ha informato che Paolo Gabriele
continua ad essere agli arresti domiciliari, considerato che fino
alla pubblicazione della sentenza, il Promotore di Giustizia del
Tribunale dello Stato della Città del Vaticano, Avv. Giovanni
Giacobbe, non può ricorrere in appello. Se non c'è ricorso entro il
termine stabilito, la sentenza sarà esecutiva e l'imputato dovrà
scontare la pena nella prigione del Vaticano, giacché non vi è una
convenzione con lo Stato Italiano in questa materia. Tuttavia, è
sempre possibile che il Santo Padre conceda la grazia a Paolo
Gabriele, ma, essendo una decisione personale, non si può conoscere
se e quando ciò si verificherà.
Per
leggere il testo completo della sentenza (in italiano), cliccare qui
oppure copia ed incolla:
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