Città
del Vaticano, 2 settembre 2012 (VIS). La legge di Dio che trova il
suo pieno compimento nell'amore è stato il tema della meditazione di
Benedetto XVI prima della recita dell'Angelus con i fedeli riuniti
nel cortile interno del Palazzo Apostolico di Castel Gandolfo.
Commentando
il Vangelo di Marco che narra come i farisei rimproverino ai
discepoli di Gesù di non seguire i precetti della legge mosaica, il
Papa ha spiegato che la Legge di Dio "è la sua Parola che guida
l’uomo nel cammino della vita, lo fa uscire dalla schiavitù
dell’egoismo e lo introduce nella 'terra' della vera libertà e
della vita. Per questo nella Bibbia la Legge non è vista come un
peso, una limitazione opprimente, ma come il dono più prezioso del
Signore (...) della sua volontà di stare vicino al suo popolo, di
essere il suo Alleato".
"Ed
ecco il problema: quando il popolo si stabilisce nella terra, ed è
depositario della Legge, è tentato di riporre la sua sicurezza e la
sua gioia in qualcosa che non è più la Parola del Signore: nei
beni, nel potere, in altre ‘divinità’ che in realtà sono vane,
sono idoli. Certo, la Legge di Dio rimane, ma non è più la cosa più
importante, la regola della vita; diventa piuttosto un rivestimento,
una copertura, mentre la vita segue altre strade, altre regole,
interessi spesso egoistici individuali e di gruppo. E così la
religione smarrisce il suo senso autentico che è vivere in ascolto
di Dio per fare la sua volontà, - che è la verità del nostro
essere - e così vivere bene, nella vera libertà, e si riduce a
pratica di usanze secondarie, che soddisfano piuttosto il bisogno
umano di sentirsi a posto con Dio".
"Ed
è questo - ha ammonito il Pontefice - un grave rischio di ogni
religione, che Gesù ha riscontrato nel suo tempo, ma che si può
verificare, purtroppo, anche nella cristianità. Perciò le parole di
Gesù nel Vangelo di oggi contro gli scribi e i farisei devono far
pensare anche noi. Gesù fa proprie le parole del profeta Isaia:
'Questo popolo mi onora con le labbra, ma il suo cuore è lontano da
me. Invano mi rendono culto, insegnando dottrine che sono precetti di
uomini'. (...) Anche l’apostolo Giacomo, nella sua Lettera, mette
in guardia dal pericolo di una falsa religiosità".
Al
termine della recita dell'Angelus, Benedetto XVI ha salutato, fra gli
altri, un gruppo di pellegrini libanesi ed ha espresso la sua gioia
alla prospettiva di visitare presto il loro Paese.
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