Città del Vaticano, 24 febbraio (VIS). Nella giornata di ieri il Santo Padre, Vescovo di Roma, ha avuto un incontro con i parroci e i sacerdoti della Diocesi di Roma. Dopo la lettura di un frammento della Lettera di San Paolo agli Efesini (4,1-16), Benedetto XVI ha commentato il testo.
L'apostolo scrive: "Comportatevi in maniera degna della chiamata che avete ricevuto", con umiltà e mansuetudine, "sopportandovi a vicenda nell'amore, sempre disposti a conservare l'unità dello Spirito con il vincolo della pace".
Il Papa ha spiegato che la prima chiamata ricevuta è il battesimo; la seconda è la vocazione ad essere pastori al servizio di Cristo. "La grande sofferenza della Chiesa di oggi nell’Europa e nell’Occidente è la mancanza di vocazioni sacerdotali, ma il Signore chiama sempre, manca l’ascolto. Noi abbiamo ascoltato la sua voce e dobbiamo essere attenti alla voce del Signore anche per altri, aiutare perché ci sia ascolto, e così sia accettata la chiamata".
La prima delle virtù che deve accompagnare la vocazione, come afferma San Paolo, è l'umiltà, la virtù dei seguaci di Cristo che "essendo uguale a Dio, si è umiliato, accettando forma di servo e obbedendo fino alla croce. Questo è il cammino dell’umiltà del Figlio che noi dobbiamo imitare. (...) Il contrario dell’umiltà è la superbia, come la radice di tutti i peccati. La superbia che è arroganza, che vuole soprattutto potere, apparenza, (...) non ha l’intenzione di piacere a Dio, ma di piacere a se stessi, di essere accettati dagli altri e – diciamo – venerati dagli altri. L’«io» al centro del mondo: si tratta del mio io superbo, che sa tutto. Essere cristiano vuol dire superare questa tentazione originaria, che è anche il nucleo del peccato originale: essere come Dio, ma senza Dio".
"L’umiltà è soprattutto verità (...). Proprio riconoscendo che io sono un pensiero di Dio, della costruzione del suo mondo, e sono insostituibile, proprio così, nella mia piccolezza, e solo in questo modo, sono grande. (...) Impariamo questo realismo: non voler apparire, ma voler piacere a Dio e fare quanto Dio ha pensato di me e per me, e così accettare anche l’altro. (...) Accettare me stesso e accettare l’altro vanno insieme: solo accettando me stesso nel grande tessuto divino posso accettare anche gli altri, che formano con me la grande sinfonia della Chiesa e della creazione". Si apprende così ad accettare la propria posizione nella Chiesa consapevoli che "il mio piccolo servizio" è "grande agli occhi di Dio".
La mancanza di umiltà distrugge l'unità del Corpo di Cristo. L'unità non può crescere senza la conoscenza della fede. "Un grande problema della Chiesa attuale è la mancanza di conoscenza della fede, è l''analfabetismo religioso'. (...) Con questo analfabetismo non possiamo crescere. (...) Perciò dobbiamo noi stessi appropriarci di nuovo di questo contenuto, come ricchezza dell’unità e non come un pacchetto di dogmi e di comandamenti, ma come una realtà unica che si rivela nella sua profondità e bellezza. Dobbiamo fare il possibile per un rinnovamento catechistico, perché la fede sia conosciuta e così Dio sia conosciuto, Cristo sia conosciuto, la verità sia conosciuta e cresca l’unità nella verità".
Benedetto XVI ha sottolineato che non si può vivere nella "fanciullezza della fede". Molti fedeli non sono andati al di là della prima catechesi per cui "non possono, come adulti, con competenza e con convinzione profonda, esporre e rendere presente la filosofia della fede (...) la grande saggezza, la razionalità della fede" per illuminare gli altri. E' necessaria una "fede adulta", che non intenda essere, come si è inteso negli ultimi decenni, emancipata dal magistero della Chiesa; quando si abbandona il Magistero, il risultato è "la dipendenza (...) dalle opinioni del mondo, dalla dittatura dei mezzi di comunicazione". Al contrario l'autentica emancipazione consiste nel liberarsi di tali opinioni, nella libertà dei figli di Dio. "Dobbiamo pregare molto il Signore, perché ci aiuti ad essere emancipati in questo senso, liberi in questo senso, con una fede realmente adulta, che (...) possa aiutare anche gli altri ad arrivare alla vera perfezione (...) in comunione con Cristo".
"Oggi il concetto di verità è un po' sotto sospetto perché si combina verità con violenza. Purtroppo nella storia ci sono stati anche episodi dove si cercava di difendere la verità con la violenza. Ma le due sono contrarie. La verità non si impone con altri mezzi, se non da se stessa! La verità può arrivare solo tramite (...) la propria luce. Ma abbiamo bisogno della verità. (...) Senza verità siamo ciechi nel mondo, non abbiamo strada. Il grande dono di Cristo è proprio che vediamo il Volto di Dio e (...) conosciamo il fondo, l'essenziale della verità in Cristo".
"Dove è la verità, nasce la carità. Grazie a Dio, lo vediamo in tutti i secoli: nonostante i fatti negativi, il frutto della carità è sempre stato presente nella cristianità e lo è oggi! Lo vediamo nei martiri, lo vediamo in tante suore, frati e sacerdoti che servono umilmente i poveri, i malati, che sono presenza della carità di Cristo. E così sono il grande segno che qui è la verità".
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