CITTA' DEL VATICANO, 18 APR. 2011 (VIS). Benedetto XVI ha presieduto davanti a migliaia di fedeli che gremivano Piazza San Pietro, la celebrazione eucaristica della Domenica delle Palme e della Passione del Signore, nella giornata in cui si celebra, a livello diocesano, la XXVI Giornata Mondiale della Gioventù, sul tema: “Radicati e fondati in Cristo, saldi nella fede" (Col 2, 7).
Il Papa ha benedetto le palme e gli ulivi all’obelisco di Piazza San Pietro, e al termine della processione, si è recato in autovettura panoramica all’altare sul sagrato di Piazza San Pietro.
Nell’omelia, riflettendo sul significato del pellegrinaggio di Gesù a Gerusalemme per la festa della Pasqua, il Santo Padre ha spiegato che: “Egli sa che Lo aspetta una nuova Pasqua e che Egli stesso prenderà il posto degli agnelli immolati, offrendo se stesso sulla Croce. (...) Il termine ultimo del suo pellegrinaggio è l’altezza di Dio stesso, alla quale Egli vuole sollevare l’essere umano”.
“Ma come possiamo noi tenere il passo in questa salita? Non oltrepassa forse le nostre forze? Sì, è al di sopra delle nostre proprie possibilità. Da sempre gli uomini sono stati ricolmi - e oggi lo sono quanto mai - del desiderio di ‘essere come Dio’, di raggiungere essi stessi l’altezza di Dio. (...) E tuttavia, la forza di gravità che ci tira in basso è potente. Insieme con le nostre capacità non è cresciuto soltanto il bene. Anche le possibilità del male sono aumentate e si pongono come tempeste minacciose sopra la storia. Anche i nostri limiti sono rimasti: basti pensare alle catastrofi che in questi mesi hanno afflitto e continuano ad affliggere l’umanità”.
“L’uomo” – ha ribadito il Pontefice – “si trova in mezzo a questa duplice forza di gravità, e tutto dipende dallo sfuggire al campo di gravitazione del male e diventare liberi di lasciarsi totalmente attirare dalla forza di gravità di Dio, che ci rende veri, ci eleva, ci dona la vera libertà”.
“Dio stesso deve tirarci in alto, ed è questo che Cristo ha iniziato sulla Croce. Egli è disceso fin nell’estrema bassezza dell’esistenza umana, per tirarci in alto verso di sé, verso il Dio vivente. (...) Soltanto così la nostra superbia poteva essere superata: l’umiltà di Dio è la forma estrema del suo amore, e questo amore umile attrae verso l’alto”.
“Abbiamo bisogno di Dio” – ha sottolineato il Papa – “Egli ci tira verso l’alto, nell’essere sorretti dalle sue mani – cioè nella fede – ci dà il giusto orientamento e la forza interiore che ci solleva in alto. Abbiamo bisogno dell’umiltà della fede che cerca il volto di Dio e si affida alla verità del suo amore. La questione di come l’uomo possa arrivare in alto, diventare totalmente se stesso e veramente simile a Dio, ha da sempre impegnato l’umanità”.
“Noi andiamo in pellegrinaggio con il Signore verso l’alto. Siamo in ricerca del cuore puro e delle mani innocenti, siamo in ricerca della verità, cerchiamo il volto di Dio. Manifestiamo al Signore il nostro desiderio di diventare giusti e Lo preghiamo: Attiraci Tu verso l’alto! Rendici puri! Fa’ che valga per noi la parola che cantiamo col Salmo processionale; cioè che possiamo appartenere alla generazione che cerca Dio, "che cerca il tuo volto, Dio di Giacobbe".
HML/ VIS 20110418 (550)
Il Papa ha benedetto le palme e gli ulivi all’obelisco di Piazza San Pietro, e al termine della processione, si è recato in autovettura panoramica all’altare sul sagrato di Piazza San Pietro.
Nell’omelia, riflettendo sul significato del pellegrinaggio di Gesù a Gerusalemme per la festa della Pasqua, il Santo Padre ha spiegato che: “Egli sa che Lo aspetta una nuova Pasqua e che Egli stesso prenderà il posto degli agnelli immolati, offrendo se stesso sulla Croce. (...) Il termine ultimo del suo pellegrinaggio è l’altezza di Dio stesso, alla quale Egli vuole sollevare l’essere umano”.
“Ma come possiamo noi tenere il passo in questa salita? Non oltrepassa forse le nostre forze? Sì, è al di sopra delle nostre proprie possibilità. Da sempre gli uomini sono stati ricolmi - e oggi lo sono quanto mai - del desiderio di ‘essere come Dio’, di raggiungere essi stessi l’altezza di Dio. (...) E tuttavia, la forza di gravità che ci tira in basso è potente. Insieme con le nostre capacità non è cresciuto soltanto il bene. Anche le possibilità del male sono aumentate e si pongono come tempeste minacciose sopra la storia. Anche i nostri limiti sono rimasti: basti pensare alle catastrofi che in questi mesi hanno afflitto e continuano ad affliggere l’umanità”.
“L’uomo” – ha ribadito il Pontefice – “si trova in mezzo a questa duplice forza di gravità, e tutto dipende dallo sfuggire al campo di gravitazione del male e diventare liberi di lasciarsi totalmente attirare dalla forza di gravità di Dio, che ci rende veri, ci eleva, ci dona la vera libertà”.
“Dio stesso deve tirarci in alto, ed è questo che Cristo ha iniziato sulla Croce. Egli è disceso fin nell’estrema bassezza dell’esistenza umana, per tirarci in alto verso di sé, verso il Dio vivente. (...) Soltanto così la nostra superbia poteva essere superata: l’umiltà di Dio è la forma estrema del suo amore, e questo amore umile attrae verso l’alto”.
“Abbiamo bisogno di Dio” – ha sottolineato il Papa – “Egli ci tira verso l’alto, nell’essere sorretti dalle sue mani – cioè nella fede – ci dà il giusto orientamento e la forza interiore che ci solleva in alto. Abbiamo bisogno dell’umiltà della fede che cerca il volto di Dio e si affida alla verità del suo amore. La questione di come l’uomo possa arrivare in alto, diventare totalmente se stesso e veramente simile a Dio, ha da sempre impegnato l’umanità”.
“Noi andiamo in pellegrinaggio con il Signore verso l’alto. Siamo in ricerca del cuore puro e delle mani innocenti, siamo in ricerca della verità, cerchiamo il volto di Dio. Manifestiamo al Signore il nostro desiderio di diventare giusti e Lo preghiamo: Attiraci Tu verso l’alto! Rendici puri! Fa’ che valga per noi la parola che cantiamo col Salmo processionale; cioè che possiamo appartenere alla generazione che cerca Dio, "che cerca il tuo volto, Dio di Giacobbe".
HML/ VIS 20110418 (550)
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