CITTA' DEL VATICANO, 7 OTT. 2010 (VIS). Questa mattina il Santo Padre Benedetto XVI ha ricevuto il Signor Fernando Zegers Santa Cruz, nuovo Ambasciatore del Cile, in occasione della presentazione delle Lettere Credenziali. Nel suo discorso il Santo Padre ha espresso la sua vicinanza al popolo cileno duramente provato dal terremoto del febbraio 2010 ed ha ricordato “l’immenso sforzo che la Chiesa cattolica in Cile, della quale molte comunità sono state duramente provate dal sisma, sta realizzando per tentare di aiutare coloro che più ne hanno bisogno. (...) Non dimentico” – ha aggiunto il Papa – “i minatori della regione di Atacama e i loro cari, per i quali prego fervidamente ogni giorno”.
Nel ricordare che il nuovo Ambasciatore inizia la sua missione precisamente nell’anno in cui il Cile celebra il bicentenario della sua indipendenza, il Papa ha affermato: “Molto numerosi sono i frutti che il Vangelo ha prodotto in questa terra benedetta. Frutti abbondanti di santità, di carità, di promozione umana, di ricerca costante della pace e della convivenza” ed ha ricordato la celebrazione, lo scorso anno, del 25 anniversario della firma del Trattato di pace e amicizia con l’Argentina che, “con la mediazione pontificia, pose fine alla controversia australe”.
“Questo storico Accordo” – ha detto ancora il Pontefice – “rimarrà per le future generazioni un esempio luminoso del bene immenso che la pace porta con sé, come pure dell’importanza di conservare e promuovere quei valori morali e religiosi che costituiscono il tessuto più intimo dell’anima di un popolo. Non si può pretendere di spiegare il trionfo di questa aspirazione alla pace, alla concordia e comprensione, se non si tiene conto che il seme del Vangelo è profondamente radicato nel cuore dei cileni”.
“È importante, e ancor più nelle circostanze attuali, nelle quali occorre far fronte a tante sfide che minacciano la propria identità culturale” – ha sottolineato il Pontefice – “favorire specialmente fra i più giovani una sana fierezza, un rinnovato apprezzamento e valorizzazione della propria fede, della propria storia, della propria cultura, delle proprie tradizioni e della propria ricchezza artistica, e di tutto quanto costituisce il migliore e più ricco patrimonio spirituale e umano del Cile”.
“Sebbene la Chiesa e lo Stato” – ha proseguito il Pontefice – “siano indipendenti e autonomi nel proprio ambito, entrambi sono chiamati a sviluppare una collaborazione leale e rispettosa per servire la vocazione personale e sociale delle stesse persone. Nel compimento della sua specifica missione di annunciare la Buona Novella di Gesù Cristo, la Chiesa cerca di rispondere alle aspettative e agli interrogativi degli uomini, appoggiandosi a valori e principi etici e antropologici che sono inscritti nella natura dell’essere umano”.
“Quando la Chiesa fa ascoltare la sua voce” – ha concluso il Pontefice – “di fronte alle grandi sfide e problemi attuali, come le guerre, la fame, la estrema povertà di tanti, la difesa della vita umana dal concepimento fino alla morte naturale, o alla promozione della famiglia fondata sul matrimonio fra un uomo e una donna e prima responsabile dell’educazione dei figli, non agisce per un interesse particolare e per principi che possono percepire soltanto coloro che professano una determinata fede religiosa. Rispettando le regole della convivenza democratica, lo fa per il bene di tutta la società e in nome di valori che ogni persona può condividere con la sua retta ragione”.
CD/ VIS 20101007 (560)
Nel ricordare che il nuovo Ambasciatore inizia la sua missione precisamente nell’anno in cui il Cile celebra il bicentenario della sua indipendenza, il Papa ha affermato: “Molto numerosi sono i frutti che il Vangelo ha prodotto in questa terra benedetta. Frutti abbondanti di santità, di carità, di promozione umana, di ricerca costante della pace e della convivenza” ed ha ricordato la celebrazione, lo scorso anno, del 25 anniversario della firma del Trattato di pace e amicizia con l’Argentina che, “con la mediazione pontificia, pose fine alla controversia australe”.
“Questo storico Accordo” – ha detto ancora il Pontefice – “rimarrà per le future generazioni un esempio luminoso del bene immenso che la pace porta con sé, come pure dell’importanza di conservare e promuovere quei valori morali e religiosi che costituiscono il tessuto più intimo dell’anima di un popolo. Non si può pretendere di spiegare il trionfo di questa aspirazione alla pace, alla concordia e comprensione, se non si tiene conto che il seme del Vangelo è profondamente radicato nel cuore dei cileni”.
“È importante, e ancor più nelle circostanze attuali, nelle quali occorre far fronte a tante sfide che minacciano la propria identità culturale” – ha sottolineato il Pontefice – “favorire specialmente fra i più giovani una sana fierezza, un rinnovato apprezzamento e valorizzazione della propria fede, della propria storia, della propria cultura, delle proprie tradizioni e della propria ricchezza artistica, e di tutto quanto costituisce il migliore e più ricco patrimonio spirituale e umano del Cile”.
“Sebbene la Chiesa e lo Stato” – ha proseguito il Pontefice – “siano indipendenti e autonomi nel proprio ambito, entrambi sono chiamati a sviluppare una collaborazione leale e rispettosa per servire la vocazione personale e sociale delle stesse persone. Nel compimento della sua specifica missione di annunciare la Buona Novella di Gesù Cristo, la Chiesa cerca di rispondere alle aspettative e agli interrogativi degli uomini, appoggiandosi a valori e principi etici e antropologici che sono inscritti nella natura dell’essere umano”.
“Quando la Chiesa fa ascoltare la sua voce” – ha concluso il Pontefice – “di fronte alle grandi sfide e problemi attuali, come le guerre, la fame, la estrema povertà di tanti, la difesa della vita umana dal concepimento fino alla morte naturale, o alla promozione della famiglia fondata sul matrimonio fra un uomo e una donna e prima responsabile dell’educazione dei figli, non agisce per un interesse particolare e per principi che possono percepire soltanto coloro che professano una determinata fede religiosa. Rispettando le regole della convivenza democratica, lo fa per il bene di tutta la società e in nome di valori che ogni persona può condividere con la sua retta ragione”.
CD/ VIS 20101007 (560)
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