CITTA' DEL VATICANO, 28 APR. 2010 (VIS). Benedetto XVI ha dedicato la catechesi dell’Udienza Generale di questo Mercoledì a due Sacerdoti italiani: San Leonardo Murialdo (1828-1900) e San Giuseppe Benedetto Cottolengo (1786-1842), “due santi Sacerdoti esemplari nella loro donazione a Dio e nella testimonianza di carità, vissuta nella Chiesa e per la Chiesa, verso i fratelli più bisognosi”.
San Leonardo Murialdo, superata in gioventù una profonda crisi esistenziale e spirituale, divenne sacerdote nella Torino di San Giovanni Bosco dal quale fu conosciuto ed apprezzato, e che “lo convinse ad accettare la direzione del nuovo Oratorio di San Luigi a Porta Nuova che tenne fino al 1865. Lì venne in contatto” –ha spiegato il Papa – “anche con i gravi problemi dei ceti più poveri, ne visitò le case, maturando una profonda sensibilità sociale, educativa ed apostolica che lo portò poi a dedicarsi autonomamente a molteplici iniziative in favore della gioventù”.
“Nel 1873 fondò la Congregazione di San Giuseppe, il cui fine apostolico fu, fin dall’inizio, la formazione della gioventù, specialmente quella più povera e abbandonata” – ha aggiunto il Santo Padre sottolineando che “il nucleo centrale della spiritualità del Murialdo è la convinzione dell’amore misericordioso di Dio: un Padre sempre buono, paziente e generoso, che rivela la grandezza e l’immensità della sua misericordia con il perdono”.
“Sottolineando la grandezza della missione del sacerdote che deve ‘continuare l’opera della redenzione’ (...) San Leonardo ricordava sempre a se stesso e ai confratelli la responsabilità di una vita coerente con il sacramento ricevuto”.
“Con lo stesso spirito di carità è vissuto, quarant’anni prima del Murialdo, san Giuseppe Benedetto Cottolengo, fondatore dell’opera da lui stesso denominata ‘Piccola Casa della Divina Provvidenza’ e chiamata oggi anche ‘Cottolengo’” – ha proseguito il Pontefice – “Giuseppe Benedetto (...) mostrò fin da fanciullo grande sensibilità verso i poveri”. Dopo anni di proficuo ministero sacerdotale, l’incontro con una giovane donna malata, madre di cinque figli, che si trovò ad accompagnare alla morte, cambiò la sua vita.
“Il Signore pone sempre dei segni sul nostro cammino per guidarci secondo la sua volontà al nostro vero bene” – ha affermato il Pontefice – “Da quel momento il Cottolengo fu trasformato: tutte le sue capacità, specialmente la sua abilità economica e organizzativa, furono utilizzate per dare vita ad iniziative a sostegno dei più bisognosi. Egli seppe coinvolgere nella sua impresa decine e decine di collaboratori e volontari. (...) Mise in atto lo stile delle ‘famiglie’, costituendo delle vere e proprie comunità di persone, volontari e volontarie, uomini e donne, religiosi e laici, uniti per affrontare e superare insieme le difficoltà che si presentavano. Ognuno in quella Piccola Casa della Divina Provvidenza aveva un compito preciso (...). Sani e ammalati condividevano tutti lo stesso peso del quotidiano. Anche la vita religiosa si specificò nel tempo, secondo i bisogni e le esigenze particolari”.
“Per i suoi poveri e i più bisognosi, si definirà sempre ‘il manovale della Divina Provvidenza’”, ha ricordato Benedetto XVI.
“Questi due santi Sacerdoti” – ha concluso il Papa – “hanno vissuto il loro ministero nel dono totale della vita ai più poveri, ai più bisognosi, agli ultimi, trovando sempre la radice profonda, la fonte inesauribile della loro azione nel rapporto con Dio, attingendo dal suo amore, nella profonda convinzione che non è possibile esercitare la carità senza vivere in Cristo e nella Chiesa. La loro intercessione e il loro esempio continuino ad illuminare il ministero di tanti sacerdoti che si spendono con generosità per Dio e per il gregge loro affidato, e aiutino ciascuno a donarsi con gioia e generosità a Dio e al prossimo”.
AG/ VIS 20100428 (600)
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