CITTA' DEL VATICANO, 19 FEB. 2010 (VIS). Nell'incontro di ieri con i presbiteri della Diocesi di Roma, il Santo Padre Benedetto XVI ha tenuto una meditazione nella forma di 'lectio divina' incentrata su alcuni passi della Lettera agli Ebrei.
Partendo dalla visione del Messia nell'Antico Testamento e raffrontandola con ciò che realmente Cristo ha rappresentato nella storia della Salvezza, il Papa ha affermato: "Cristo è il vero Re, il Figlio di Dio (…), ma anche il vero sacerdote e così tutto il mondo cultuale, tutta la realtà dei sacrifici, del sacerdozio che è in cerca del vero sacerdote, del vero sacrificio, trova in Cristo la sua chiave, il suo adempimento".
Il sacerdozio, dunque, "appare nella sua purezza e nella sua verità profonda", ha proseguito il Papa, che ha sottolineato: "Un sacerdote per essere realmente mediatore tra Dio uomo, deve essere uomo (…) e il figlio di Dio si è fatto uomo proprio per essere sacerdote, per poter realizzare la missione del sacerdote (...) Questa è la missione del sacerdote (…) essere mediatore, ponte che collega e così porta l'uomo a Dio, alla sua redenzione, alla sua vera luce, alla sua vera vita".
Se un sacerdote è un "ponte" che mette in comunione l'umanità con la divinità, la sua anima deve nutrirsi - ha ribadito il Pontefice - di preghiera quotidiana e costante e dell'Eucaristia.
"Solo Dio può" - ha proseguito il Pontefice - "entrare nella mia vita e prendermi in mano (…) Sempre di nuovo dobbiamo ritornare al sacramento, ritornare a questo dono nel quale Dio mi dà quanto io non potrei mai dare. (…) Un sacerdote deve essere realmente un uomo di Dio, deve conoscere Dio da vicino e Lo conosce in comunione con Cristo. Dobbiamo vivere questa comunione".
Questa scelta di vita, ha insistito Benedetto XVI, richiede che un sacerdote sia un uomo che sviluppa sentimenti e affetti secondo la volontà di Dio. Una conversione tutt'altro che semplice, se si considera quella fuorviante indulgenza che serpeggia nella mentalità corrente.
"Così si dice: 'Ha mentito, è umano, ha rubato, è umano'. Ma questo non è il vero essere umano. Umano è essere generoso, umano è essere buono, umano è essere un uomo della giustizia (…) e quindi uscendo, con l'aiuto di Cristo, da questo oscuramento della nostra natura (…) è un processo di vita che deve cominciare nell'educazione al sacerdozio ma che deve realizzarsi e continuare in tutta la nostra vita".
Un sacerdote che è anzitutto un uomo pienamente realizzato ha un cuore votato alla "compassione". Non è il peccato, ha osservato il Papa, il segno della "solidarietà" verso la debolezza umana, ma la forza di condividerne il peso per redimerlo e purificarlo, con quella stessa capacità di commuoversi che ebbe Gesù in vita e che gli permise di portare il suo grido di compassione "fino alle orecchie di Dio".
"Noi sacerdoti" - ha aggiunto il Pontefice - "non possiamo ritirarci in un esilio, ma siamo immersi nella passione di questo mondo e dobbiamo con l'aiuto di Cristo, in comunione con Cristo, cercare di trasformarlo, di portarlo verso Dio".
Infine, parlando dell'obbedienza, il Papa ha spiegato che essa: "E' una parola che non piace a noi nel nostro tempo. Obbedienza appare come una alienazione, come un atteggiamento servile (...) Invece della parola 'obbedienza', vogliamo come parola chiave antropologica 'libertà'. Ma considerando da vicino questo problema, vediamo che queste due cose vanno insieme (...) Perché la volontà di Dio non è una volontà tirannica (…) ma è proprio il luogo dove troviamo la nostra vera identità".
AC/SACERDOZIO/PARROCI ROMA VIS 20100219 (590)
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