CITTA' DEL VATICANO, 15 DIC. 2009 (VIS). Questa mattina è stato reso pubblico il Motu proprio del Santo Padre Benedetto XVI, "Omnium in mentem", datato 26 ottobre 2009, che contiene alcune modifiche da apportare al Codice di Diritto Canonico (CIC), che da tempo erano sottoposte allo studio dei Dicasteri della Curia romana e delle Conferenze episcopali.
Nei cinque articoli del Documento sono presentati i canoni 1008, 1009, 1086, 1117 e 1124. Le variazioni, commenta l'Arcivescovo Francesco Coccopalmerio, Presidente del Pontificio Consiglio per i Testi Legislativi, "riguardano due diverse questioni, e cioè: adeguare il testo dei canoni che definiscono la funzione ministeriale dei Diaconi al relativo testo del Catechismo della Chiesa Cattolica (n. 1581); e sopprimere, in tre canoni concernenti il Matrimonio, un inciso che l'esperienza ha rilevato inidoneo".
La prima variazione riguarda il testo del canone 1008 che si limiterà ad affermare che chi riceva il sacramento dell'Ordine Sacro "è destinato a servire il popolo di Dio per un nuovo e peculiare titolo" e nel canone 1009, con l'aggiunta di un terzo paragrafo "nel quale viene precisato che il ministro costituito nell'Ordine dell'Episcopato o del Presbiterato riceve la missione e la facoltà di agire in persona di Cristo Capo, mentre i Diaconi ricevono l'abilitazione a servire il Popolo di Dio nella diaconia della liturgia, della Parola e della Carità".
L'Arcivescovo Coccopalmerio ha spiegato inoltre che l'altra modifica che introduce il Motu proprio "Omnium in mentem" riguarda "la soppressione della clausola "actus formalis defectionis ab Ecclesia Catholica" nei canoni 1086, paragrafo 1, 1117 e 1124 del Codice di Diritto Canonico, che dopo un lungo studio è stata ritenuta non necessaria e inidonea".
"Dall'entrata in vigore del Codice di Diritto Canonico nell'anno 1983" - precisa l'Arcivescovo Coccopalmerio - "al momento dell'entrata in vigore di questo Motu proprio, i cattolici che avessero fatto un atto formale di abbandono della Chiesa cattolica non erano tenuti alla forma canonica di celebrazione per la validità del matrimonio (can. 1117 CIC), né vigeva per loro l'impedimento di sposare non battezzati (disparità di culto, can. 1086 § 1 CIC), né li riguardava la proibizione di sposare cristiani non cattolici (can. 1124 CIC). Il menzionato inciso inserito in questi tre canoni rappresentava una eccezione di diritto ecclesiastico, ad un'altra più generale norma di diritto ecclesiastico, secondo la quale tutti i battezzati nella Chiesa cattolica o in essa accolti sono tenuti all'osservanza delle leggi ecclesiastiche (can. 11 CIC)".
"Dall'entrata in vigore del nuovo Motu proprio, quindi, il can. 11 del Codice di Diritto Canonico riacquista vigore pieno per quanto riguarda il contenuto dei canoni ora modificati, anche nei casi in cui sia avvenuto un abbandono formale. Di conseguenza - "conclude l'Arcivescovo Coccopalmerio - "per regolarizzare successivamente eventuali unioni fatte nella non osservanza di queste regole si dovrà far ricorso, sempre che sia possibile, ai mezzi ordinari offerti per questi casi dal Diritto Canonico: dispensa dell'impedimento, sanazione, e così via".
MP/OMNIUM IN MENTEM/COCCOPALMERIO VIS 20091215 (490)
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