CITTA' DEL VATICANO, 23 SET. 2009 (VIS). Sant'Anselmo d'Aosta, una delle personalità più eminenti del Medioevo, è stato il protagonista della catechesi del Santo Padre per l'Udienza Generale di questo Mercoledì.
Anselmo d'Aosta, noto anche come Anselmo di Bec e Anselmo di Canterbury, nacque ad Aosta (Italia), nel 1033. Primogenito di una famiglia nobile, ricevette dalla madre una profonda formazione umana e religiosa. Dopo la scomparsa prematura della madre, attraversò un periodo di dissipazione morale trascurando gli studi. "Se ne andò da casa e cominciò a girare per la Francia in cerca di nuove esperienze. Dopo tre anni, giunto in Normandia, si recò nell'Abbazia benedettina di Bec, attirato dalla fama di Lanfranco da Pavia, priore del monastero. (...) La sua vocazione monastica si riaccese e, dopo attenta valutazione, all'età di 27 anni, entrò nell'Ordine monastico e venne ordinato sacerdote.
"Quando, nel 1063, Lanfranco diventò abate di Caen, Anselmo, dopo appena tre anni di vita monastica, fu nominato priore del monastero di Bec e maestro della scuola claustrale, rivelando doti di raffinato educatore. Non amava i metodi autoritari; paragonava i giovani a piccole piante che si sviluppano meglio se non sono chiuse in serra e concedeva loro una 'sana' libertà. Era molto esigente con se stesso e con gli altri nell'osservanza monastica, ma" - ha spiegato il Papa - "anziché imporre la disciplina si impegnava a farla seguire con la persuasione".
Quando Lanfranco da Pavia, abate di Caen, divenne il nuovo Arcivescovo di Canterbury (Inghilterra), chiese "ad Anselmo di trascorrere un certo tempo con lui per istruire i monaci e aiutarlo nella difficile situazione in cui si trovava la sua comunità ecclesiale dopo l'invasione dei Normanni. La permanenza di Anselmo si rivelò molto fruttuosa; egli guadagnò simpatia e stima, tanto che, alla morte di Lanfranco, fu scelto a succedergli nella sede arcivescovile di Canterbury. Ricevette la solenne consacrazione episcopale nel dicembre del 1093. Anselmo si impegnò immediatamente in un'energica lotta per la libertà della Chiesa, sostenendo con coraggio l'indipendenza del potere spirituale da quello temporale. Difese la Chiesa dalle indebite ingerenze delle autorità politiche, soprattutto dei re Guglielmo il Rosso ed Enrico I, trovando incoraggiamento e appoggio nel Romano Pontefice, al quale Anselmo dimostrò sempre una coraggiosa e cordiale adesione. Questa fedeltà gli costò, nel 1103, anche l'amarezza dell'esilio dalla sua sede di Canterbury".
"Questo santo Arcivescovo che tanta ammirazione suscitava intorno a sé, dovunque si recasse" - ha detto ancora il Papa - "dedicò gli ultimi anni della sua vita soprattutto alla formazione morale del clero e alla ricerca intellettuale su argomenti teologici. Morì il 21 aprile 1109 (...). 'Dio, ti prego, voglio conoscerti, voglio amarti e poterti godere. E se in questa vita non sono capace di ciò in misura piena, possa almeno ogni giorno progredire fino a quando giunga alla pienezza'. Questa preghiera lascia comprendere l'anima mistica di questo grande Santo dell'epoca medievale, fondatore della teologia scolastica, al quale la tradizione cristiana ha dato il titolo di 'Dottore Magnifico' perché coltivò un intenso desiderio di approfondire i Misteri divini, nella piena consapevolezza, però, che il cammino di ricerca di Dio non è mai concluso (...). La chiarezza e il rigore logico del suo pensiero hanno avuto sempre come fine di 'innalzare la mente alla contemplazione di Dio' (Ivi, Proemium). Egli afferma chiaramente che chi intende fare teologia non può contare solo sulla sua intelligenza, ma deve coltivare al tempo stesso una profonda esperienza di fede".
"L'attività del teologo, secondo sant'Anselmo" - ha detto Benedetto XVI - "si sviluppa così in tre stadi: 'la fede', dono gratuito di Dio da accogliere con umiltà; 'l'esperienza', che consiste nell'incarnare la parola di Dio nella propria esistenza quotidiana; e quindi la vera 'conoscenza', che non è mai frutto di asettici ragionamenti, bensì di un'intuizione contemplativa".
"L'amore per la verità e la costante sete di Dio, che hanno segnato l'intera esistenza di Sant'Anselmo" - ha concluso il Santo Padre - "siano uno stimolo per ogni cristiano a ricercare senza mai stancarsi una unione sempre più intima con Cristo, Via, Verità e Vita. Inoltre, lo zelo pieno di coraggio che ha contraddistinto la sua azione pastorale, e che gli ha procurato talora incomprensioni, amarezze e perfino l'esilio, sia un incoraggiamento per i Pastori, per le persone consacrate e per tutti i fedeli ad amare la Chiesa di Cristo, a pregare, a lavorare e soffrire per essa, senza mai abbandonarla o tradirla.
AG/.../... VIS 20090923 (680)
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