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Il Vatican Information Service (VIS), istituito nell'ambito della Sala Stampa della Santa Sede, è un bollettino telematico che diffonde notizie relative all'attività magistrale e pastorale del Santo Padre e della Curia Romana...

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martedì 19 ottobre 2010

I PADRI SINODALI SI RIUNISCONO IN CIRCOLI MINORI

CITTA' DEL VATICANO, 19 OTT. 2010 (VIS). Nel pomeriggio di ieri sono proseguiti i lavori dei Circoli Minori e nella giornata di oggi è in programma una riunione dei Padri Sinodali per la redazione ed approvazione delle proposte sul tema dell’Assemblea Speciale per il Medio Oriente.
SE/ VIS 20101019 (60)

lunedì 18 ottobre 2010

NONA CONGREGAZIONE GENERALE

CITTA' DEL VATICANO, 15 OTT. 2010 (VIS). Nel corso della Nona Congregazione Generale, tenutasi nel pomeriggio di oggi nell’Aula del Sinodo, sono continuati gli interventi dei Padri Sinodali. Presidente Delegato di turno è stato il Cardinale Leonardo Sandri, Prefetto della Congregazione per le Chiese Orientali.
Gli interventi liberi si sono svolti in presenza del Santo Padre.

Di seguito riportiamo estratti di alcuni interventi:

CARDINALE WILLIAM JOSEPH LEVADA, PREFETTO DELLA CONGREGAZIONE PER LA DOTTRINA DELLA FEDE (CITTÀ DEL VATICANO). “Il mio intervento verterà sulla nozione della tradizione viva della Chiesa, così come viene insegnata nella Costituzione sulla divina rivelazione del Concilio Vaticano II ‘Dei Verbum’, e sulla comprensione del ruolo del Papa nella tradizione apostolica. (...) Attraverso il suo studio dei Padri dell’epoca patristica e dei primi Concili Ecumenici, il Cardinale Newman ha trovato proprio la tradizione viva, che lo ha portato ad abbracciare la pienezza della fede in seno alla Chiesa cattolica. (...) Prevedrei uno studio e uno scambio di opinioni utili su come il ministero del Successore di Pietro, con le sue caratteristiche dottrinali fondamentali, potrebbe essere esercitato in modi diversi, secondo le diverse necessità dei tempi e dei luoghi. Questo rimane un capitolo dell’ecclesiologia che deve essere ulteriormente esplorato e completato. (...) Queste riflessioni teologiche, tuttavia, non sostituiscono la testimonianza vitale che i cattolici in Medio Oriente danno ai loro fratelli ortodossi e musulmani su come la dottrina della Chiesa si sviluppa nella tradizione apostolica viva, guidata dal dono di Cristo dello Spirito Santo al Magistero della Chiesa in ogni tempo. Questo Magistero comprende necessariamente il ruolo del Papa come capo del collegio apostolico dei vescovi, insieme al mandato di Cristo di confermare i fratelli nell’unità della fede perché ‘tutti siano una cosa sola’”.

MONSIGNOR MIKAËL MOURADIAN, VICARIO PATRIARCALE PER L'ISTITUTO DEL CLERO PATRIARCALE DI BZOMMAR (LIBANO). “È vero che il Medio Oriente è la Terra Santa e terra di santi, come dimostrano le canonizzazioni e beatificazioni che hanno avuto luogo in questi ultimi anni: Mar Charbel, Naamat Allah al Hardini, Rafka, Abouna Yaacoub, Ignace Maloyan, Al Akh Stephan... Questo, però, non deve renderci ciechi davanti alla verità, che in Medio Oriente si vive anche una crisi di vocazioni. (...) Quali sono le cause della caduta delle vocazioni religiose, le sue conseguenze a breve, medio e lungo termine, e le soluzioni immaginabili? (...) Cause principali: la caduta della natalità tra le famiglie cristiane; i problemi materiali e morali che la famiglia deve affrontare; la crisi dei valori; la difficoltà di prendersi un impegno a lungo termine; l’emancipazione femminile; la crisi della fede; la contro-testimonianza da parte dei consacrati. Soluzioni immaginabili: sostenere la famiglia; educare ai veri valori; che i consacrati testimonino con sincerità la loro fedeltà a Cristo e alla loro consacrazione...; assicurare un buon discernimento delle vocazioni; dare la priorità alla qualità sulla quantità; vegliare su una buona direzione spirituale delle vocazioni; offrire una formazione iniziale e permanente adeguata. (...) È nelle famiglie credenti e praticanti che nascono anche le vocazioni”.

ARCIVESCOVO CYRIL VASIL', S.I., SEGRETARIO DELLA CONGREGAZIONE PER LE CHIESE ORIENTALI (CITTÀ DEL VATICANO). “La sinodalità, riguarda in modo particolare il meccanismo della scelta dei candidati all'episcopato. Le verifiche sull'idoneità dei candidati dovrebbero essere svolte dai vescovi e dal Sinodo in maniera molto più appropriata di come talvolta avviene al presente, proprio per facilitare e accelerare il processo di concessione dell'assenso Pontificio. (...) In primo luogo si deve valutare costantemente lo stato attuale delle istituzioni formative e accademiche, il livello di formazione culturale e spirituale che esse offrono. Le difficoltà che riscontrano gli studenti negli studi superiori fuori dal contesto orientale, per esempio a Roma, non sono trascurabili ed è inutile nasconderli. C'è da chiedersi se non sarebbe finalmente giunto il momento di aprire un primo ciclo di studi teologici orientali qui a Roma, in una Facoltà teologica orientale? (...) Per quanto riguarda i fedeli che si trasferiscono fuori dal Medio Oriente, talvolta viene reclamata l'estensione ‘planetaria’ della giurisdizione dei patriarchi - come se ciò fosse un diritto e una soluzione universale ai problemi dalla pastorale dei migranti. Va ricordato che fra il preteso diritto universale e la richiesta circostanziata e motivata c'è una grande differenza”.

ARCIVESCOVO MICHEL ABRASS, B.A., VESCOVO DI CURIA DEL PATRIARCATO DI ANTIOCHIA DEI GRECO-MELKITI (SIRIA). “I problemi della scelta del ‘regime’ applicabile al Libano si pongono con grande forza ai laici di oggi; un grande numero di laici, infatti, si domanda cosa ne sarà della loro vita se essi si dichiarano cristiani, senza attenuare la loro posizione con una dose di laicità, in base al grado di emancipazione del loro interlocutore non cristiano, spesso, in Medio Oriente, di religione maomettana. Questi cristiani hanno bisogno di una ‘certa laicità positiva’. Dove la troveranno? Attualmente le nostre ‘pecorelle laiche’ rinnegano se stesse; occorre dar loro una legittimità che solo possono dar loro gli ecclesiastici, a condizione che gliela abbia fatta acquisire il loro statuto. Pensiamo che occorrerebbe autorizzare i cristiani che lo vogliono ad adottare uno statuto laico, senza tradire i dogmi né gli insegnamenti delle Chiese, tenendo conto del fatto che non si è in una terra solamente cristiana”.

ARCIVESCOVO ATHANASE MATTI SHABA MATOKA, DI BABILONIA DEI SIRI (IRAQ). “L’Iraq non cessa di vivere una situazione d’instabilità, di prove e di guerre, l’ultima delle quali è l’occupazione americana. I cristiani hanno sempre avuto la loro parte nei sacrifici e nelle prove con i martiri nelle guerre e in ogni sorta di prova. Dal 2003 i cristiani sono vittima di una situazione cruenta che ha provocato una grande emigrazione fuori dall’Iraq. Non vi sono statistiche certe, ma gli indicatori evidenziano che la metà dei cristiani ha abbandonato l’Iraq e che senza alcun dubbio rimangono solo circa 400.000 cristiani degli 800.000 che vi vivevano. L’invasione dell’Iraq da parte dell’America e dei suoi alleati ha portato sull’Iraq in generale e sui cristiani in particolare distruzione e rovina a tutti i livelli. (...) Sono passati sette anni in Iraq è il cristianesimo vive un’emorragia continua. Dov’è la coscienza mondiale? Tutti rimangono a fare da spettatori dinnanzi a ciò che accade in Iraq, soprattutto nei confronti dei cristiani. Vogliamo suonare un campanello d’allarme. Poniamo la domanda alla grandi potenze: che cosa c’è di vero in ciò che si dice riguardo ad un piano per svuotare il Medio Oriente dai Cristiani e del fatto che l’Iraq ne sarebbe una vittima? Ritengo che il sinodo debba studiare con attenzione questo argomento e debba valutare ciò che può essere deciso per iscritto al fine di porre rimedio alla situazione che regna in Medio Oriente.

ARCIVESCOVO DENYS ANTOINE CHAHDA, DI ALEP DEI SIRI (SIRIA). “Cristo ha chiesto a tutti i battezzati di essere uniti così come lui e il Padre sono una cosa sola. (...) Aveva voluto che la loro unità fosse un segno per le nazioni, ‘signum inter gentes’, una luce che attraesse gli uomini verso il Padre e li invitasse a credere in lui. Infatti, la divisione della Chiesa è un atto di infedeltà al suo Fondatore e uno scandalo per coloro che non credono in Gesù. Ritengo che ciò che ci separa dai nostri fratelli ortodossi è la comprensione del primato di Pietro. Spetta ai teologi trovare una nuova interpretazione. Perché non giungere all’unità nella fede, ma nella diversità? Il sinodo di Gerusalemme del ‘49 potrebbe essere la chiave per trovare una soluzione alla divisione delle Chiese”.
SE/ VIS 20101018 (1230)

PRESENTAZIONE E DISCUSSIONE MESSAGGIO SINODALE

CITTA' DEL VATICANO, 16 OTT. 2010 (VIS). Nella Decima Congregazione Generale dell’Assemblea Speciale per il Medio Oriente del Sinodo dei Vescovi, tenutasi questa mattina nell’Aula del Sinodo, è stata presentata e discussa la bozza del Messaggio Sinodale. Successivamente ha avuto luogo la votazione per la scelta dei Membri del Consiglio Speciale per il Medio Oriente della Segreteria Generale del Sinodo. Presidente Delegato di turno è stato Sua Beatitudine Ignace Youssef III Younan, Patriarca di Antiochia dei Siri (Libano).
SE/ VIS 20101018 (80)

UNDICESIMA CONGREGAZIONE GENERALE

CITTÀ DEL VATICANO, 18 OTT 2010 (VIS). Questa mattina si è svolta, alla presenza del Santo Padre, l’undicesima Congregazione Generale per la “Relatio post disceptationem” (Relazione dopo la discussione). Il presidente delegato di turno è stato il cardinal Leonardo Sandri, Prefetto della Congregazione per le Chiese Orientali.

Offriamo di seguito un ampio estratto della “Relatio post disceptationem”, letta dal relatore generale, Sua Beatitudine Antonios Naguib, Patriarca di Alessandria dei Copti (Egitto).

I. LA PRESENZA CRISTIANA IN MEDIO ORIENTE

“L’annuncio del Vangelo e l’annuncio di Cristo a tutti i popoli è un dovere supremo delle nostre Chiese e di tutte le Chiese. Le nostre Chiese hanno bisogno di una conversione missionaria per vivificare in noi il senso, l’ardore, lo slancio e il dinamismo missionario.(…) La formazione missionaria dei nostri fedeli, e soprattutto dei nostri responsabili della vita della Chiesa, è indispensabile”.

“La religione non deve essere politicizzata né lo Stato prevalere sulla religione. (…) I moderni media (sms, website, internet, televisione, radio) hanno un ruolo importante in questo campo. Essi offrono uno strumento potente e prezioso per diffondere il messaggio cristiano, affrontare le sfide che si oppongono a questo messaggio e comunicare con i fedeli della diaspora. A tale scopo bisogna formare dei quadri specializzati. I cristiani orientali devono impegnarsi per il bene comune, in tutti i suoi aspetti, come hanno sempre fatto”.

“Le situazioni politico-sociali dei nostri Paesi hanno una ripercussione diretta sui cristiani, che risentono più fortemente delle conseguenze negative. Pur condannando la violenza da dovunque provenga, e invocando una soluzione giusta e durevole del conflitto israelo-palestinese, esprimiamo la nostra solidarietà con il popolo palestinese, la cui situazione attuale favorisce il fondamentalismo. Chiediamo alla politica mondiale di tener sufficientemente conto della drammatica situazione dei cristiani in Iraq, che sono la vittima principale della guerra e delle sue conseguenze”.

“La libertà religiosa è una componente essenziale dei diritti dell’uomo. La mancanza di libertà religiosa è quasi sempre associata alla privazione dei diritti fondamentali. La libertà di culto, che è un aspetto della libertà religiosa, nella maggior parte dei nostri Paesi, è garantita dalle costituzioni. Ma anche qui, in alcuni Paesi, certe leggi o pratiche ne limitano l’applicazione. (…) La libertà religiosa non è un relativismo che considera uguali tutti le fedi religiose. Essa è la conseguenza del dovere che ciascuno ha di aderire alla verità, in base ad una convinta scelta di coscienza e nel rispetto della dignità di ogni persona.(…)La libertà religiosa comporta anche il diritto all’annuncio della propria fede, che è un diritto e un dovere di ogni religione”.

“L’emigrazione è una delle grandi sfide che minacciano la presenza dei cristiani in alcuni Paesi del Medio Oriente. (…) Le cause principali di questo preoccupante fenomeno sono le situazioni economiche e politiche, l’avanzata del fondamentalismo e la restrizione delle libertà e dell’uguaglianza, fortemente aggravate dal conflitto israelo-palestinese e dalla guerra in Iraq. (…) L’emigrazione è un diritto naturale lasciato alla libera scelta delle persone e delle famiglie, soprattutto per coloro che si trovano in condizioni difficili. Ma la Chiesa ha il dovere d’incoraggiare i suoi fedeli a rimanere come testimoni, apostoli, e costruttori di pace e di benessere nel loro Paese”.

“Il pericolo che minaccia i cristiani del Medio Oriente non deriva soltanto dalla loro situazione di minoranza né da minacce esterne, ma soprattutto dal loro allontanamento dalla verità del Vangelo, dalla loro fede e dalla loro missione. La duplicità della vita, per il cristianesimo, è più pericolosa di qualsiasi altra minaccia. Il vero dramma dell’uomo non è il fatto che soffra a causa della sua missione, ma che non abbia più una missione, per cui perde il senso e lo scopo della propria vita”.

II. LA COMUNIONE ECCLESIALE

“Abbiamo bisogno di valorizzare meglio, comprendere meglio, e praticare meglio l’unità della Chiesa. È indispensabile insegnare la Chiesa come Acomunione@, nella catechesi, nelle omelie, nella formazione del clero, dei religiosi e delle religiose, e dei laici. La comunione è chiamata ad essere innanzitutto affettiva, prima di diventare effettiva. È importante coltivare un senso profondo della comunione spirituale, dell’appartenenza ad una stessa Chiesa”.

“La “comunione” fra le Chiese è il primo obiettivo e il primo compito di questo Sinodo.(…) I Pastori devono aiutare i fedeli a conoscere, apprezzare, amare e vivere la bellezza della varietà plurale della Chiesa, nell’unità e nella carità. (…) Devono essere incoraggiate le relazioni inter-ecclesiali, non solo fra le Chiese sui iuris del Medio Oriente, ma anche con le Chiese Orientali e con la Chiesa latina della Diaspora, in stretta unione con il Santo Padre, la Santa Sede e i Rappresentanti Pontifici”.

“È di fondamentale importanza la valorizzazione del ruolo dei laici, uomini e donne, e della loro partecipazione nella vita e nella missione della Chiesa. Che questo Sinodo sia per loro e per tutta la Chiesa una vera primavera spirituale, pastorale e sociale. Abbiamo bisogno di rafforzare l’impegno dei laici nella pastorale comune della Chiesa. La donna, consacrata e laica, dovrebbe trovarvi il posto e la missione adeguati”.

“La missione e l’ecumenismo sono strettamente correlate. Le Chiese cattoliche e ortodosse hanno molto in comune. (…) Occorre uno sforzo sincero per superare i pregiudizi, per capirsi meglio e puntare alla pienezza di comunione nella fede, nei sacramenti e nel servizio gerarchico. Questo Sinodo dovrebbe favorire la comunione e l’unità con le Chiese sorelle ortodosse e le comunità ecclesiali”.

“Abbiamo constatato che l’ecumenismo sta attraversando attualmente una crisi. (…) Occorre che l’ecumenismo diventi un obiettivo fondamentale nelle Assemblee e nelle Conferenze Episcopali. È stata proposta la creazione di una commissione ecumenica nel Consiglio dei Patriarchi cattolici d’Oriente. Si dovranno utilizzare i media per rafforzare e vivificare l'ecumenismo”.

III. LA TESTIMONIANZA CRISTIANA. TESTIMONI DELLA RESURREZIONE E DELL’AMORE

“Dobbiamo incoraggiare tutti i fedeli, ma soprattutto i sacerdoti, i religiosi e le religiose, le persone consacrate e i responsabili della pastorale e dell’apostolato, a seguire l’insegnamento della Chiesa e a studiare i documenti del magistero, preferibilmente mediante uno studio comunitario”.

“Un’attenzione speciale deve essere riservata alla famiglia, che rischia di essere indebolita e minata dalla visione relativista occidentale e dalla visione non cristiana dominante nella nostra regione. Le famiglie di religione mista devono essere oggetto di particolare cura pastorale. I manuali di catechismo devono completare le lacune e correggere gli errori che si trovano altrove”.

“È stato suggerito di formare una commissione per l'impulso e il coordinamento dei mezzi di comunicazione in Medio Oriente. (…) I media e la comunicazione sono un potente mezzo per consolidare la comunione”.

“Nelle nostre Chiese orientali, la Divina Liturgia è al centro della vita religiosa. Essa svolge un ruolo importante nel conservare l’identità cristiana, rafforzare l’appartenenza alla Chiesa, vivificare la vita di fede. Dobbiamo conservare e coltivare il senso del sacro, dei simboli e della religiosità popolare purificata e approfondita”.

“Il conflitto israelo-palestinese si ripercuote sui rapporti tra cristiani ed ebrei. A più riprese, la Santa Sede ha chiaramente espresso la sua posizione, auspicando che i due popoli possano vivere in pace, ognuno nella sua patria, con confini sicuri, internazionalmente riconosciuti. (…) La preghiera per la pace è di fondamentale importanza. (…) Le nostre Chiese rifiutano l’antisemitismo e l’antiebraismo”.

“Per un dialogo proficuo, cristiani e musulmani devono conoscersi meglio. (…) Musulmani e cristiani condividono l’essenza dei 5 pilastri dell’Islam. Numerose iniziative dimostrano la possibilità di incontro e di lavoro fondato sui valori comuni (pace, solidarietà, non violenza). (…) Le Chiese orientali sono le più adatte a promuovere il dialogo interreligioso con l’Islam. È un dovere che spetta loro per la natura della loro storia, della loro presenza e della loro missione. (…) Occorre evitare ogni azione provocatoria, offensiva, umiliante e ogni atteggiamento anti-islamico. (…) Per essere autentico, il dialogo deve realizzarsi nella verità”.

“L’Occidente viene identificato con il Cristianesimo e le scelte degli Stati vengono attribuite alla Chiesa. Oggi, invece, i governi occidentali sono laici e sempre più in contrasto con i principi della fede cristiana. È importante spiegare questa realtà e il senso di una laicità positiva, che distingue il politico dal religioso. In questo contesto, il cristiano ha il dovere e la missione di presentare e vivere i valori evangelici. (…) Dobbiamo in ogni momento dare testimonianza con la vita, senza sincretismo né relativismo, con umiltà, rispetto, sincerità e amore”.

CONCLUSIONE

Quale futuro per i cristiani del Medio Oriente? “Non temere, piccolo gregge!” (Lc 12, 32).

“Dobbiamo lavorare tutti insieme per preparare una nuova alba in Medio Oriente. Siamo sostenuti dalla preghiera, dalla comprensione e dall'amore di tutti i nostri fratelli e le nostre sorelle nel mondo. Non siamo soli. Questo Sinodo ce l’ha fatto sentire molto chiaramente”.
SE/ VIS 20101018 (1420)

IL PAPA RICEVE IL PRESIDENTE DELLA REPUBBLICA DI POLONIA

CITTA' DEL VATICANO, 16 OTT. 2010 (VIS). La Sala Stampa della Santa Sede ha reso pubblico,questa mattina, il seguente Comunicato:

“sta mattina, il Santo Padre Benedetto XVI ha ricevuto in Udienza il Presidente della Repubblica di Polonia, Sua Eccellenza il Signor Bronisław Komorowski, il quale ha successivamente incontrato Sua Eminenza il Cardinale Tarcisio Bertone, Segretario di Stato, accompagnato da Sua Eccellenza Monsignor Dominique Mamberti, Segretario per i Rapporti con gli Stati”.

“Nei cordiali colloqui è stata innanzitutto ricordata la felice coincidenza della visita con il 32° Anniversario dell’Elezione del Servo di Dio Papa Giovanni Paolo II. Ci si è soffermati sull’importanza del dialogo tra Chiesa e Stato, secondo le rispettive competenze, per la promozione del bene comune. È stata ribadita la reciproca volontà delle Parti di continuare a cooperare in maniera efficace negli ambiti di comune interesse, ad esempio nell’educazione e nella promozione dei valori fondamentali della società, e si è sottolineata l’importanza di tutelare la vita umana in tutte le sue fasi. Vi è stato, infine, uno scambio di opinioni sull’attuale situazione in Europa”.
OP/ VIS 20101018 (190)

CONCERTO DI ENOCH ZU GUTTENBERG IN ONORE DEL PAPA

CITTA' DEL VATICANO, 16 OTT. 2010 (VIS). Alle ore 18:00 di questo pomeriggio, nell’Aula Paolo VI, ha avuto luogo un Concerto in onore del Santo Padre Benedetto XVI e alla presenza dei Padri Sinodali dell’Assemblea Speciale per il Medio Oriente del Sinodo dei Vescovi, offerto dal Direttore d’Orchestra e compositore Enoch zu Guttenberg che ha diretto la Messa da Requiem di Giuseppe Verdi (1813-1901), eseguita dal Coro di Neubeuern, dall’Orchestra "KlangVerwaltung".

Al termine del concerto il Santo Padre ha rivolto agli artisti e ai presenti un breve discorso.

“Giuseppe Verdi” – ha detto il Papa – “ ha speso l’esistenza a scrutare il cuore dell’uomo; nelle sue opere ha messo in luce il dramma della condizione umana (...) Il suo teatro è popolato di infelici, di perseguitati, di vittime. In tante pagine della ‘Messa da Requiem’ riecheggia questa visione tragica dei destini umani: qui tocchiamo la realtà ineluttabile della morte e la questione fondamentale del mondo trascendente”.

Il compositore italiano “che, in una famosa lettera all’editore Ricordi, si definiva ‘un po’ ateo’, scrive questa ‘Messa’, che ci appare come un grande appello all’Eterno Padre, nel tentativo di superare il grido della disperazione davanti alla morte, per ritrovare l’anelito di vita che diventa silenziosa e accorata preghiera: ‘Libera me, Domine’”.

“Questa cattedrale musicale” – ha concluso il Pontefice – “si rivela come descrizione del dramma spirituale dell’uomo al cospetto di Dio Onnipotente, dell’uomo che non può eludere l’eterno interrogativo sulla propria esistenza”.
.../ VIS 20101018 (250)

CANONIZZAZIONE DI SEI BEATI

CITTA' DEL VATICANO, 17 OTT. 2010 (VIS). Alle ore 10:00 di questa mattina, il Santo Padre Benedetto XVI ha celebrato l’Eucaristia sul sagrato della Basilica Vaticana e ha proceduto alla canonizzazione dei Beati: Stanisław Kazimierczyk Sołtys (1433-1489), sacerdote, dell’Ordine dei Canonici Regolari Lateranensi; André (Alfred) Bessette (1845-1937), religioso, della Congregazione della Santa Croce; Cándida María de Jesús (Juana Josefa) Cipitria y Barriola (1845-1912), Vergine, Fondatrice della Congregazione delle Figlie di Gesù; Mary of the Cross (Mary Helen) MacKillop (1842-1909), vergine, Fondatrice della Congregazione delle Suore di San Giuseppe del Sacro Cuore; Giulia Salzano (1846-1929), vergine, Fondatrice della Congregazione delle Suore Catechiste del Sacro Cuore di Gesù; Battista Camilla da Varano (1458-1524), Vergine, dell’Ordine di Santa Chiara.

All’inizio dell’omelia il Papa ha spiegato che: “La liturgia di questa domenica ci offre un insegnamento fondamentale: la necessità di pregare sempre, senza stancarsi. Talvolta noi ci stanchiamo di pregare, abbiamo l’impressione che la preghiera non sia tanto utile per la vita, che sia poco efficace. Perciò siamo tentati di dedicarci all’attività, di impiegare tutti i mezzi umani per raggiungere i nostri scopi, e non ricorriamo a Dio. Gesù invece afferma che bisogna pregare sempre, e lo fa mediante una specifica parabola”.

“La fede è essenziale come base dell’atteggiamento della preghiera” – ha sottolineato il Santo Padre ed ha affermato: “È quanto hanno fatto i sei nuovi Santi che oggi vengono proposti alla venerazione della Chiesa universale”.

Nel soffermarsi sulla figura di San Stanisław Kazimierczyk, polacco, il Papa ha ricordato: “Tutta la sua vita era legata all’Eucaristia. (...) In modo particolare, però, era legato all’Eucaristia attraverso l’ardente amore per Cristo presente sotto le specie del pane e del vino; vivendo il mistero della morte e della risurrezione, che in modo incruento si compie nella Santa Messa; attraverso la pratica dell’amore al prossimo, del quale fonte e segno è la Comunione”.

“Il Fratello André Bessette, originario di Québec, Canada, (...) portiere del collegio ‘Notre Dame’ a Montréal, manifestò” – ha detto ancora il Pontefice – “una carità senza limiti e si impegnò ad alleviare le miserie di coloro che venivano a confidarsi con lui. (...) Egli fu testimone d’innumerevoli guarigioni e conversioni” nell’Oratorio Saint-Joseph du Mont Royal. “Tutto parlava di Dio e della sua presenza per lui. Possiamo anche noi, come lui, cercare Dio con semplicità per scoprirLo sempre presente nella nostra vita”.

Della Madre Cándida María de Jesús Cipitria y Carriola, spagnola, il Papa ha sottolineato che ella “visse per Dio e per quello che Dio desidera: arrivare a tutti, portare a tutti la speranza non che viene meno, e particolarmente a coloro che ne hanno più bisogno. (...) Con scarsi mezzi ella incoraggiò altre sorelle a seguire Gesù e a dedicarsi all’educazione e alla promozione della donna. Nacquero così le Figlie di Gesù che oggi hanno nella loro Fondatrice un modello di vita molto alto da imitare, e una appassionante missione da perseguire nei numerosi paesi dove è giunto lo spirito e le aspirazioni di apostolato di Madre Cándida”.

Nel ricordare Madre Mary MacKillop, prima santa australiana, Benedetto XVI ha detto: “Si dedicò da giovane all’educazione dei poveri nelle difficili e pericolose zone dell’Australia rurale (...) Curò le necessità di ogni giovane affidata a lei, senza badare allo stato sociale o alla ricchezza, offrendo una formazione intellettuale e spirituale. Nonostante le numerose difficoltà, le sue preghiere a San Giuseppe e la sua devozione instancabile al Sacro Cuore di Gesù, al quale dedicò la sua nuova Congregazione, diedero alla santa le grazie necessarie per rimanere fedele a Dio e alla Chiesa. Tramite la sua intercessione, i suoi devoti possano oggi continuare a servire Dio e la Chiesa con fede e umiltà!.

Madre Giulia Salzano, ha continuato il Santo Padre, “comprese bene l’importanza della catechesi nella Chiesa, e, unendo la preparazione pedagogica al fervore spirituale, si dedicò ad essa con generosità e intelligenza, contribuendo alla formazione di persone di ogni età e ceto sociale. Ripeteva alle sue consorelle che desiderava fare catechismo fino all’ultima ora della sua vita, dimostrando con tutta se stessa che se ‘Dio ci ha creati per conoscerLo, amarLo e servirLo in questa vita’, nulla bisognava anteporre a questo compito. L’esempio e l’intercessione di santa Giulia Salzano sostengano la Chiesa nel suo perenne compito di annunciare Cristo e di formare autentiche coscienze cristiane”.

Infine il Papa ha ricordato Santa Battista Camilla Varano, che “testimoniò fino in fondo il senso evangelico della vita, specialmente perseverando nella preghiera. (...)
La vita di Santa Battista, totalmente immersa nelle profondità divine, fu un’ascesa costante nella via della perfezione, con un eroico amore verso Dio e il prossimo. Fu segnata da grandi sofferenze e mistiche consolazioni; aveva deciso infatti, come scrive lei stessa, di ‘entrare nel Sacratissimo Cuore di Gesù e di annegare nell’oceano delle sue acerbissime sofferenze’. In un tempo in cui la Chiesa pativa un rilassamento dei costumi, ella percorse con decisione la strada della penitenza e della preghiera, animata dall’ardente desiderio di rinnovamento del Corpo mistico di Cristo”.
HML/ VIS 20101018 (810)

ANGELUS: I SANTI IMMAGINE VIVA AMORE DI DIO

CITTA' DEL VATICANO, 17 OTT. 2010 (VIS). Al termine della Santa Messa per la proclamazione dei Santi: Stanisław Kazimierczyk Sołtys, André Bessette, Cándida María de Jesús Cipitria y Barriola, Mary of the Cross MacKillop, Giulia Salzano e Battista Camilla da Varano, il Santo Padre ha recitato la preghiera mariana dell’Angelus dal sagrato della Basilica di San Pietro, con le migliaia di fedeli convenuti in Piazza San Pietro.

Il Papa ha esortato i pellegrini francofoni a seguire le orme di Fratel André Bassette “per accogliere liberamente e per amore la volontà di Dio nella vostra vita” e a manifestare la sua stessa carità “verso i fratelli e le sorelle che sono nella prova”.

Rivolgendosi ai pellegrini di lingua inglese il Santo Padre ha auspicato che i nuovi santi San André Bassette e Santa Mary MacKillop “possono accompagnarvi con le loro preghiere e ispirarvi con l’esempio della loro santa vita”. In tedesco Benedetto XVI ha detto che i santi “sono l’immagine viva dell’amore di Dio (...) modelli da seguire e avvocati per la nostra vita di cristiani”.

In lingua spagnola il Papa ha affidato le religiose Figlie di Gesù all’intercessione della Fondatrice Santa Cándida María de Jesús Cipitria y Barriola, auspicando che i giovani “accolgano la chiamata del Signore e dedichino completamente la loro vita a proclamare la grandezza del suo amore”.

“Impariamo da Sanislaw Kazmierczyk” – ha detto il Pontefice in polacco – “lo spirito della preghiera, della contemplazione e di sacrificio per il prossimo. Che egli sostenga al cospetto di Dio la Chiesa in Polonia”.

Infine Benedetto XVI ha salutato gli italiani che festeggiano Santa Camilla Varano e Santa Giulia Salzano ed ha ricordato che oggi si conclude la XLVI Settimana Sociale dei Cattolici Italiani. “La ricerca del bene comune” – ha auspicato il Papa – “costituisca sempre il riferimento sicuro per l’impegno dei cattolici nell’azione sociale e politica”.
ANG/ VIS 20101018 (310)

TRACCE INCANCELLABILI CHIESA CATTOLICA IN COLOMBIA

CITTÀ DEL VATICANO, 18 OTT 2010 (VIS). Il Santo Padre ha ricevuto questa mattina il Signor César Mauricio Velásquez Ossa, nuovo ambasciatore della Colombia presso la Santa Sede, che ha presentato questa mattina le sue Lettere Credenziali.

Il Papa ha ricordato che il nuovo ambasciatore inizia la sua missione presso la Santa Sede “in un momento di particolare importanza per la Colombia: la commemorazione del Bicentenario dell’inizio del processo che portò all’Indipendenza e alla costituzione della Repubblica” ed ha inoltre affermato: “Non solo durante questi due secoli, ma sin dagli albori dell’arrivo degli spagnoli in America, la Chiesa Cattolica è stata presente in ciascuna delle tappe dell’evoluzione storica del vostro Paese, svolgendo sempre un ruolo decisivo e di primo piano”. Questa “lavoro pieno di abnegazione (…) ha lasciato tracce incancellabili nei più svariati ambiti della vita della vostra Patria, come la cultura, l’arte, la salute, la convivenza sociale e la costruzione della pace”.

“In questo appassionante compito, la Chiesa in Colombia non esige alcun privilegio” - ha sottolineato il Santo Padre – “ma anela solamente a poter servire i fedeli e tutti coloro che le aprano le porte del loro cuore (…), sempre disposta a sostenere tutto ciò che promuova l’educazione delle nuove generazioni, la cura dei malati e degli anziani, il rispetto dei popoli indigeni e delle loro legittime tradizioni, l’eliminazione della povertà, il narcotraffico e la corruzione, l’attenzione ai carcerati, ai senzatetto, agli emigranti e ai lavoratori, come pure l’assistenza alle famiglie bisognose. Si tratta, in definitiva, di continuare a prestare una leale collaborazione per la crescita integrale delle comunità, in cui i pastori, i religiosi e i fedeli esercitano il loro servizio, mossi unicamente dalle esigenze derivanti dalla loro ordinazione sacerdotale, dalla loro consacrazione religiosa e dalla loro vocazione cristiana”.

“In questo quadro di mutua cooperazione e di cordiali relazioni tra la Santa Sede e la Repubblica di Colombia (…), desidero manifestare nuovamente l’interesse che la Chiesa ha di tutelare e promuovere l’inviolabile dignità della persona umana, e perciò è essenziale che l’ordinamento giuridico rispetti la legge naturale in aree fondamentali come la salvaguardia della vita umana, dal concepimento fino alla sua conclusione naturale; il diritto di nascere e di vivere in una famiglia fondata sul matrimonio tra un uomo e una donna; o il diritto dei genitori di ottenere per i figli un’educazione conforme ai propri criteri morali e alla proprie convinzioni. Tutte queste cose sono pilastri insostituibili per l’edificazione di una società veramente degna dell’uomo e dei valori a lui intrinseci”.

“In questo solenne incontro” - ha concluso il Romano Pontefice – “desidero manifestare ugualmente la mia vicinanza spirituale e assicurare le mie preghiere a quanti, in Colombia, sono stati ingiustamente e crudelmente privati della libertà. Prego anche per i loro familiari e, in generale, per le vittime della violenza in tutte le sue forme, supplicando Dio che ponga fine a tanta sofferenza una volta per tutte, e che tutti i colombiani possano vivere riconciliati e in pace in questa benedetta terra così ricca di risorse naturali (…), che è un dovere custodire come magnifico dono del Creatore”.
CD/ VIS 20101018 (510)

EL SALVADOR: EVANGELIZZAZIONE SPRONE CONTRO VIOLENZA

CITTA' DEL VATICANO, 18 OTT. 2010 (VIS). “Gli stretti legami che uniscono il fedele popolo salvadoregno alla Cattedra del Principe degli Apostoli manifestano una nobilissima tradizione ed è impossibile separarli dalla storia e dai costumi di questa terra benedetta”, ha detto questa mattina il Papa al Signor Manuel Roberto López Becera, nuovo Ambasciatore di El Salvador presso la Santa Sede.

“La Chiesa in El Salvador, con le sue specifiche competenze, con indipendenza e libertà” – ha affermato il Santo Padre - “si impegna a servire la promozione del bene comune in tutte le sue dimensioni e la promozione di quelle condizioni che consentono agli uomini e alle donne lo sviluppo integrale della persona. (...) Evangelizzando e dando testimonianza di amore a Dio e a tutti gli uomini senza alcuna eccezione, si converte in elemento efficace per l’eliminazione della povertà e in un vigoroso sprone per la lotta contro la violenza, la impunità e il narcotraffico, che causano tanta devastazione, soprattutto fra i giovani. (...) La comunità ecclesiale non può fare a meno di sentirsi interpellata quando a molti mancano i mezzi per una vita degna o quando non hanno un impiego (...) vedendosi obbligati a emigrare fuori della Patria. Parimenti, sarebbe strano che i discepoli di Cristo rimanessero neutrali davanti alla aggressiva presenza delle sette che appaiono come una comoda e facile risposta religiosa, ma che, in realtà, minano la cultura e le abitudini che, da secoli, hanno conformato l’identità salvadoregna, oscurando anche la bellezza del messaggio evangelico e intaccando l’unità dei fedeli intorno ai propri Pastori”.

“È consolante” – ha affermato il Papa – “vedere l’impegno del vostro Paese nell’edificazione di una società più armonica e solidale, avanzando sul chiaro sentiero di quelli Accordi firmati nel 1992, in forza dei quali si concluse la lunga lotta intestina vissuta da El Salvador, terra di grandi ricchezze naturali che parlano con eloquenza di Dio e che bisogna conservare e proteggere con vigore per legarle in tutta la loro rigogliosità alle nuove generazioni. Grande gioia sarà riservata al popolo salvadoregno, dallo spirito di abnegazione e laborioso, quando il processo di pace sarà quotidianamente confermato e si potenzieranno le decisioni tendenti a favorire la sicurezza cittadina”.

“In merito, chiedo all’Onnipotente (...) che i vostri compatrioti ricevano il sostegno necessario per rinunciare definitivamente a quanto provoca conflitti, sostituendo le inimicizie con la reciproca comprensione e con la salvaguardia della incolumità delle persone e dei loro averi. Per conseguire questi obiettivi, si devono convincere che la violenza non serve a nulla e tutto peggiora, perché è una via senza uscita. (...) La pace, al contrario, è un’aspirazione comune a tutti gli uomini degni di questo nome. Come dono del Divino Salvatore, è anche una missione alla quale tutti devono cooperare senza vacillare, incontrando nello Stato un risoluto sostenitore mediante pertinenti disposizioni giuridiche, economiche e sociali, come adeguate Forze e Corpi di Polizia e Sicurezza, che assicurano nell’ambito della legalità il benessere della popolazione”.

“In questo cammino di superamento” – ha concluso Benedetto XVI – “ci sarà sempre la mano tesa dei figli della Chiesa che esorto vivamente affinché con la loro testimonianza di discepoli e missionari di Cristo, si identifichino sempre più con Lui e Lo invochino affinché Egli faccia di ogni salvadoregno un artefice di riconciliazione”.
CD/ VIS 20101018 (550)

LETTERA AI SEMINARISTI DEL SANTO PADRE BENEDETTO XVI

CITTA' DEL VATICANO, 18 OTT. 2010 (VIS). Di seguito riportiamo ampi estratti della “Lettera ai seminaristi”, del Santo Padre Benedetto XVI, datata 18 ottobre 2010, a conclusione dell’Anno Sacerdotale.

“Nel dicembre 1944, quando fui chiamato al servizio militare, il comandante di compagnia domandò a ciascuno di noi a quale professione aspirasse per il futuro. Risposi di voler diventare sacerdote cattolico. Il sottotenente replicò: Allora Lei deve cercarsi qualcos’altro. Nella nuova Germania non c’è più bisogno di preti. Sapevo che questa ‘nuova Germania’ era già alla fine, e che dopo le enormi devastazioni portate da quella follia sul Paese, ci sarebbe stato bisogno più che mai di sacerdoti. Oggi, la situazione è completamente diversa. In vari modi, però, anche oggi molti pensano che il sacerdozio cattolico non sia una ‘professione’ per il futuro, ma che appartenga piuttosto al passato. Voi, cari amici, vi siete decisi ad entrare in seminario, e vi siete, quindi, messi in cammino verso il ministero sacerdotale nella Chiesa Cattolica, contro tali obiezioni e opinioni. Avete fatto bene a farlo. Perché gli uomini avranno sempre bisogno di Dio, anche nell’epoca del dominio tecnico del mondo e della globalizzazione: del Dio che ci si è mostrato in Gesù Cristo e che ci raduna nella Chiesa universale, per imparare con Lui e per mezzo di Lui la vera vita e per tenere presenti e rendere efficaci i criteri della vera umanità. Dove l’uomo non percepisce più Dio, la vita diventa vuota; tutto è insufficiente”.

“Con questa lettera vorrei evidenziare - anche guardando indietro al mio tempo in seminario - qualche elemento importante per questi anni del vostro essere in cammino”.

“1. Chi vuole diventare sacerdote, dev’essere soprattutto un ‘uomo di Dio’, come lo descrive san Paolo (1 Tm 6,11). Per noi Dio non è un’ipotesi distante, (...). Dio si è mostrato in Gesù Cristo. (...). Perciò la cosa più importante nel cammino verso il sacerdozio e durante tutta la vita sacerdotale è il rapporto personale con Dio in Gesù Cristo. Il sacerdote non è l’amministratore di una qualsiasi associazione, di cui cerca di mantenere e aumentare il numero dei membri. È il messaggero di Dio tra gli uomini. Vuole condurre a Dio e così far crescere anche la vera comunione degli uomini tra di loro. Per questo, cari amici, è tanto importante che impariate a vivere in contatto costante con Dio. Quando il Signore dice: ‘Pregate in ogni momento’, naturalmente non ci chiede di dire continuamente parole di preghiera, ma di non perdere mai il contatto interiore con Dio”.

“2. Dio non è solo una parola per noi. Nei Sacramenti Egli si dona a noi in persona, attraverso cose corporali. Il centro del nostro rapporto con Dio e della configurazione della nostra vita è l’Eucaristia. Celebrarla con partecipazione interiore e incontrare così Cristo in persona, dev’essere il centro di tutte le nostre giornate. (...) Nella liturgia preghiamo con i fedeli di tutti i secoli – passato, presente e futuro si congiungono in un unico grande coro di preghiera. Come posso affermare per il mio cammino personale, è una cosa entusiasmante imparare a capire man mano come tutto ciò sia cresciuto, quanta esperienza di fede ci sia nella struttura della liturgia della Messa, quante generazioni l’abbiano formata pregando”.

“3. Anche il sacramento della Penitenza è importante. Mi insegna a guardarmi dal punto di vista di Dio, e mi costringe ad essere onesto nei confronti di me stesso. (...)
Benché abbiamo da combattere continuamente con gli stessi errori, è importante opporsi all’abbrutimento dell’anima, all’indifferenza che si rassegna al fatto di essere fatti così. (...) E, nel lasciarmi perdonare, imparo anche a perdonare gli altri. Riconoscendo la mia miseria, divento anche più tollerante e comprensivo nei confronti delle debolezze del prossimo”.

“4. Mantenete pure in voi la sensibilità per la pietà popolare, che è diversa in tutte le culture, ma che è pur sempre molto simile, perché il cuore dell’uomo alla fine è lo stesso. Certo, la pietà popolare tende all’irrazionalità, talvolta forse anche all’esteriorità. Eppure, escluderla è del tutto sbagliato. Attraverso di essa, la fede è entrata nel cuore degli uomini, è diventata parte dei loro sentimenti, delle loro abitudini, del loro comune sentire e vivere”.

“5. Il tempo in seminario è anche e soprattutto tempo di studio. La fede cristiana ha una dimensione razionale e intellettuale che le è essenziale. Senza di essa la fede non sarebbe se stessa. (...) Posso solo pregarvi insistentemente: Studiate con impegno! (...) Non si tratta appunto soltanto di imparare le cose evidentemente utili, ma di conoscere e comprendere la struttura interna della fede nella sua totalità, così che essa diventi risposta alle domande degli uomini, i quali cambiano, dal punto di vista esteriore, di generazione in generazione, e tuttavia restano in fondo gli stessi. Perciò è importante andare oltre le mutevoli domande del momento per comprendere le domande vere e proprie e capire così anche le risposte come vere risposte. È importante conoscere a fondo la Sacra Scrittura interamente, nella sua unità di Antico e Nuovo Testamento (...) È importante conoscere i Padri e i grandi Concili, nei quali la Chiesa ha assimilato, riflettendo e credendo, le affermazioni essenziali della Scrittura. (...) Che sia importante conoscere le questioni essenziali della teologia morale e della dottrina sociale cattolica, non ho bisogno di dirlo espressamente. Quanto importante sia oggi la teologia ecumenica, il conoscere le varie comunità cristiane, è evidente (...). Ma imparate anche a comprendere e - oso dire – ad amare il diritto canonico nella sua necessità intrinseca e nelle forme della sua applicazione pratica (...). Ora non voglio continuare ad elencare, ma solo dire ancora una volta: amate lo studio della teologia e seguitelo con attenta sensibilità per ancorare la teologia alla comunità viva della Chiesa, la quale, con la sua autorità, non è un polo opposto alla scienza teologica, ma il suo presupposto. Senza la Chiesa che crede, la teologia smette di essere se stessa e diventa un insieme di diverse discipline senza unità interiore”.

“6. Gli anni nel seminario devono essere anche un tempo di maturazione umana. Per il sacerdote, il quale dovrà accompagnare altri lungo il cammino della vita e fino alla porta della morte, è importante che egli stesso abbia messo in giusto equilibrio cuore e intelletto, ragione e sentimento, corpo e anima, e che sia umanamente ‘integro’. (...) Di questo contesto fa parte anche l’integrazione della sessualità nell’insieme della personalità. La sessualità è un dono del Creatore, ma anche un compito che riguarda lo sviluppo del proprio essere umano. Quando non è integrata nella persona, la sessualità diventa banale e distruttiva allo stesso tempo. Oggi vediamo questo in molti esempi nella nostra società. Di recente abbiamo dovuto constatare con grande dispiacere che sacerdoti hanno sfigurato il loro ministero con l’abuso sessuale di bambini e giovani. Anziché portare le persone ad un’umanità matura ed esserne l’esempio, hanno provocato, con i loro abusi, distruzioni di cui proviamo profondo dolore e rincrescimento. A causa di tutto ciò può sorgere la domanda in molti, forse anche in voi stessi, se sia bene farsi prete; se la via del celibato sia sensata come vita umana. L’abuso, però, che è da riprovare profondamente, non può screditare la missione sacerdotale, la quale rimane grande e pura. Grazie a Dio, tutti conosciamo sacerdoti convincenti, plasmati dalla loro fede, i quali testimoniano che in questo stato, e proprio nella vita celibataria, si può giungere ad un’umanità autentica, pura e matura. Ciò che è accaduto, però, deve renderci più vigilanti e attenti, proprio per interrogare accuratamente noi stessi, davanti a Dio, nel cammino verso il sacerdozio, per capire se ciò sia la sua volontà per me. È compito dei padri confessori e dei vostri superiori accompagnarvi e aiutarvi in questo percorso di discernimento”.

“7. Oggi gli inizi della vocazione sacerdotale sono più vari e diversi che in anni passati. La decisione per il sacerdozio si forma oggi spesso nelle esperienze di una professione secolare già appresa. Cresce spesso nelle comunità, specialmente nei movimenti, che favoriscono un incontro comunitario con Cristo e la sua Chiesa, un’esperienza spirituale e la gioia nel servizio della fede. La decisione matura anche in incontri del tutto personali con la grandezza e la miseria dell’essere umano. (...) I movimenti sono una cosa magnifica. Voi sapete quanto li apprezzo e amo come dono dello Spirito Santo alla Chiesa. Devono essere valutati, però, secondo il modo in cui tutti sono aperti alla comune realtà cattolica, alla vita dell’unica e comune Chiesa di Cristo che in tutta la sua varietà è comunque solo una. Il seminario è il periodo nel quale imparate l’uno con l’altro e l’uno dall’altro. Nella convivenza, forse talvolta difficile, dovete imparare la generosità e la tolleranza non solo nel sopportarvi a vicenda, ma nell’arricchirvi l’un l’altro, in modo che ciascuno possa apportare le sue peculiari doti all’insieme, mentre tutti servono la stessa Chiesa, lo stesso Signore. Questa scuola della tolleranza, anzi, dell’accettarsi e del comprendersi nell’unità del Corpo di Cristo, fa parte degli elementi importanti degli anni di seminario.

Cari seminaristi! Con queste righe ho voluto mostrarvi quanto penso a voi proprio in questi tempi difficili e quanto vi sono vicino nella preghiera. E pregate anche per me, perché io possa svolgere bene il mio servizio, finché il Signore lo vuole”.
MESS/ VIS 20101018 (1550)

UDIENZE

CITTA' DEL VATICANO, 18 OTT. 2010 (VIS). Il Santo Padre ha ricevuto in udienza il Cardinale Angelo Bagnasco, Arcivescovo di Genova (Italia), Presidente della Conferenza Episcopale Italiana.

Sabato 16 ottobre il Santo Padre ha ricevuto in udienze separate:

- Il Signor Bronislaw Komorowski, Presidente della Repubblica di Polonia, con la Consorte e Seguito.

- Il Cardinale Stanislaw Dziwisz, Arcivescovo di Kraków (Polonia), con

- L’Arcivescovo Józef Michalik, Arcivescovo di Przemysl dei Latini, Presidente della Conferenza Episcopale Polacca;

- Il Vescovo Stanislaw Budzik, Ausiliare di Tarnów, Segretario Generale della medesima Conferenza Episcopale e con:

- L’Arcivescovo Kazimierz Nycz, di Warszawa.

- Il Cardinale Marc Ouellet, Prefetto della Congregazione per i Vescovi.
AP/ VIS 20101018 (120)

ALTRI ATTI PONTIFICI

CITTA' DEL VATICANO, 18 OTT. 2010 (VIS). Il Santo Padre:

- Ha accettato la rinuncia all’ufficio di Ausiliare dell’Arcidiocesi di Milwaukee (Stati Uniti d’America), presentata dal Vescovo Richard J. Sklba, per raggiunti limiti d’età.

Sabato 16 ottobre il Santo Padre ha nominato:

- Il Reverendo Jaime Rafael Fuentes, del clero della Prelatura personale dell’Opus Dei, Vescovo di Minas (superficie: 17.776; popolazione: 76.100; cattolici: 69.900; sacerdoti: 17; religiosi: 12; diaconi permanenti: 1), Uruguay. Il Vescovo eletto è nato a Montevideo (Uruguay), nel 1945, ed è stato ordinato sacerdote nel 1973. È stato finora Docente nella Facoltà di teologia dell’Uruguay “Mons. Mariano Soler”.

- Membri della Congregazione per la Dottrina della Fede: il Cardinale Peter Kodwo Appiah Turkson, Presidente del Pontificio Consiglio della Giustizia e della Pace; il Cardinale Marc Ouellet, Prefetto della Congregazione per i Vescovi; l’Arcivescovo Angelo Amato, Prefetto della Congregazione delle Cause dei Santi e l’Arcivescovo Kurt Koch, Presidente del Pontificio Consiglio per la Promozione dell’Unità dei Cristiani.

- Don Massimo Palombella, S.D.B., Maestro Direttore della Cappella Musicale Pontificia, denominata “Cappella Sistina”, che è Docente presso la Pontificia Università Salesiana, Fondatore e Direttore del Coro Interuniversitario di Roma.
RE:NER:NA/ VIS 20101018 (280)

venerdì 15 ottobre 2010

SETTIMA CONGREGAZIONE GENERALE

CITTA' DEL VATICANO, 14 OTT. 2010 (VIS). Nel pomeriggio di oggi si è tenuta nell’Aula del Sinodo la Settima Congregazione Generale, nel corso della quale sono continuati gli interventi dei Padri Sinodali. Presidente Delegato di turno è stato Sua Beatitudine Youssif III Younan, Patriarca di Antiochia dei Siri (Libano). Gli interventi liberi si sono svolti in presenza del Santo Padre.

CARDINALE PETER KODWO APPIAH TURKSON, Presidente del Pontificio Consiglio della Giustizia e della Pace (CITTÀ DEL VATICANO). “Si potrebbe favorire la conoscenza del sito del PCGP come strumento al servizio delle Chiese locali per l'approfondimento della Dottrina Sociale della Chiesa. A questo proposito, il PCGP si impegna di completare la traduzione in Arabo del ‘Compendium della Dottrina Sociale della Chiesa’. Inoltre, si potrebbe, visto l'intento del PCGP di istituire una ‘summer school presso questo Dicastero, pensare di invitare e coinvolgere anche sacerdoti provenienti dal Medio Oriente (...). Le Chiese e le religioni di minoranza in Medio Oriente non devono subire discriminazio¬ne, violenza, propaganda diffamatoria (anti cristiana), la negazione di permessi di costruire edifici di culto, e di organizzare funzioni pubbliche. Infatti, la promozione delle ‘Risoluzioni contro Diffamazione’ delle Religioni nel quadro dell' Organizzazione delle Nazioni Unite non deve limitarsi a Islam (Islamofobia) nel mondo occidentale. Essa deve includere Cristianesimo (Cristianofobia: la religione e le comunità dei credenti) nel mondo Islamico. Si può pure promuovere l'adozione, sempre nel quadro dell' ONU, di una risoluzione sulla libertà religiosa come alternativa alla risoluzione sulla ‘Diffamazione delle Religioni’”.

REVERENDO RAYMOND MOUSSALLI, PROTOSINCELLO DEL PATRIARCATO DI BABILONIA DEI CALDEI (GIORDANIA). “Noi siamo parte della storia e della cultura di questa regione medio orientale, e se saremo costretti ad abbandonarla perderemo la nostra identità nella prossima generazione. Per questo spero che dal Sinodo emerga la necessità di una più stretta collaborazione tra i capi delle varie Chiese nel dialogo reciproco con i fratelli musulmani moderati. Come sappiamo le nostre chiese con il clero in Iraq vengono attaccate. C’è una deliberata campagna per cacciare i cristiani al di fuori del paese. Ci sono piani satanici dei gruppi fondamentali estremisti che non sono solo contro i cristiani iracheni in Iraq, ma i cristiani in tutto il Medio Oriente. (...) Vogliamo sensibilizzare la comunità internazionale che non può restare in silenzio davanti al massacro dei cristiani in Iraq, i Paesi di tradizione cattolica, affinché facciano qualcosa per i cristiani iracheni, a cominciare dalla pressione sul Governo locale. Stiamo attraversando un tempo catastrofico per l'emigrazione delle famiglie e la perdita del nostro popolo che parla ancora la lingua aramaica pronunciata da nostro Signore Gesù Cristo”.

ARCIVESCOVO EDMOND FARHAT, NUNZIO APOSTOLICO (LIBANO). La situazione del Medio Oriente oggi è come un organo vivente che ha subito un trapianto che non riesce ad assimilare e che non ha avuto specialisti che la curassero. Come ultima risorsa l’Oriente arabo musulmano ha guardato alla Chiesa credendo, come dentro di sé pensa, che sia capace di ottenergli giustizia. Non è stato così. È deluso, ha paura. La sua fiducia si è trasformata in frustrazione. È caduto in una crisi profonda. (...) Oggi, la Chiesa subisce ingiustizie e calunnie. Come nel Vangelo molti partono, altri si stancano, o fuggono. I frustrati e i disperati si vendicano sugli innocenti. Dietro alle uccisioni materiali e alle sconfitte più cocenti c’è il peccato. (...) L’azione di Dio continua nella storia. La Chiesa in Medio Oriente vive attualmente il suo cammino di croce e di purificazione, che porta al rinnovamento e alla risurrezione. Le sofferenze e le angustie del presente sono i gemiti di una nuova nascita. Se durano è perché questo genere di demoni che tormentano la nostra società si scacciano solo con la preghiera. Forse non abbiamo pregato abbastanza!”.

ARCIVESCOVO RUGGERO FRANCESCHINI, O.F.M. CAP., DI IZMIR, AMMINISTRATORE APOSTOLICO DEL VICARIATO APOSTOLICO DELL'ANATOLIA, PRESIDENTE DELLA CONFERENZA EPISCOPALE DI TURCHIA (TURCHIA). “La piccola Chiesa di Turchia, a volte ignorata, ha avuto il sue triste momento di fama con il brutale assassinio del Presidente della Conferenza Episcopale Turca, Monsignor Luigi Padovese. In breve, voglio chiudere questa spiacevole parentesi cancellando insopportabili calunnie fatte circolare dagli stessi organizzatori del delitto. Perché di questo si tratta: omicidio premeditato, dagli stessi poteri occulti che il povero Luigi aveva, pochi mesi prima, indicato come responsabili dell'assassinio di Don Andrea Santoro, del giornalista armeno Dink e dei quattro protestanti di Malatya; cioè un' oscura trama di complicità tra ultranazionalisti e fanatici religiosi, esperti in strategia della tensione. La situazione pastorale e amministrativa del Vicariato dell' Anatolia è grave. (...) Cosa chiediamo alla Chiesa? Semplicemente quello che ora ci manca: un Pastore, qualcuno che lo aiuti, i mezzi per farlo, e tutto questo con ragionevole urgenza. (...) La Chiesa di Anatolia è a rischio di sopravvivenza (...). Voglio tuttavia rassicurare le Chiese vicine, in particolare quelle che soffrono persecuzione e vedono i propri fedeli trasformarsi in profughi, che come Conferenza Episcopale Turca saremo ancora disponibili all'accoglienza e all'aiuto fraterno, anche oltre le nostre possibilità; così come siamo aperti ad ogni collaborazione pastorale con le Chiese sorelle e con i musulmani di una laicità positiva, per il bene dei cristiani che vivono in Turchia, e per il bene dei poveri e dei profughi numerosi in Turchia”.

Successivamente sono intervenuti diversi Uditori. Di seguito riportiamo la sintesi di alcuni interventi.

PROFESSOR MARCO IMPAGLIAZZO, ORDINARIO DI STORIA CONTEMPORANEA PRESSO L'UNIVERSITÀ DEGLI STUDI PER STRANIERI DI PERUGIA, PRESIDENTE DELLA COMUNITÀ DI SANT'EGIDIO (ITALIA). “È nell’interesse delle società musulmane che le comunità cristiane siano vive e attive nel mondo mediorientale. Un Medio Oriente senza cristiani significherebbe la perdita di una presenza interna alla cultura araba, capace di rivendicare il pluralismo rispetto all’islam politico e all’islamizzazione. Senza di loro l’Islam sarebbe più solo e fondamentalista. I cristiani rappresentano una forma di resistenza a un ‘totalitarismo’ islamizzante. La loro permanenza in Medio Oriente è nell’interesse generale delle società della regione e dell’Islam. (...) In Medio Oriente non c’è solo da difendere un passato cristiano, ma anche da affermare una visione del futuro, partendo dalla convinzione che i cristiani hanno in questo una vocazione storica: comunicare il nome di Gesù, viverlo e, in tal modo lavorare per costruire in modo creativo una civiltà del vivere insieme di cui il mondo intero ha bisogno. C’è qui il dovere del dialogo. (...) Le Chiese in Medio Oriente possono essere artefici di una civiltà del vivere insieme, esemplare a livello mondiale, nella misura in cui reintegrano e rivendicano con voce alta e forte il senso della loro missione”.

SIGNORA PILAR LARA ALÉN, PRESIDENTE DALLA FONDAZIONE PROMOZIONE SOCIALE DELLA CULTURA (SPAGNA). “Attualmente la Fondazione è presente in 41 Paesi e in 4 continenti. Nei 5 Paesi del Medio Oriente, la nostra zona prioritaria, abbiamo gestito più di 98 programmi con un giro di affari di oltre 60 milioni di euro. Dopo questi anni di esperienza sul campo, vorrei fare alcuni commenti sulla situazione; in Medio Oriente assistiamo alla scomparsa di intere comunità cristiane, nell’indifferenza del mondo intero, specialmente dell’Europa. Allo stesso tempo la guerra fa parte della vita quotidiana; la povertà non è affatto l’unica causa dei conflitti, lo è piuttosto il fattore religioso. Infine, i cristiani continuano a vivere attorno alle loro Chiese, anche se, a volte, si tratta di un semplice formalismo sociale. La conclusione è che la presenza dei cristiani è fondamentale per la pace e la riconciliazione, ma essi dovrebbero operare senza escludere la religione dalla vita pubblica, come è successo in Europa, perché questo non è affatto utile allo sviluppo. I valori religiosi ci permettono di progredire contemporaneamente sul piano sociale e personale. Di conseguenza i cristiani devono adeguare i loro comportamenti al loro credo, superare l’odio e i rancori e ricercare il perdono. Essi non dovrebbero affatto predicare, a parole, il messaggio evangelico e, nei fatti, la vendetta e la lotta armata. Ciascuno ha l’obbligo di procurarsi una formazione che gli permetta di acquisire le condizioni adatte a progredire nella vita professionale e cristiana”.

Alle 18.30 il presidente delegato ha dato la parola ai rappresentanti dell’Islam: il Signor Muhammad al-Sammak, Consigliere politico del Gran Muftí del Libano, e all’Ayatollah Seyed Mostafa Mohaghegh Ahmadabadi, Professore presso la Facoltà di Diritto della Shahid Beheshti University di Teheran e Membro dell’Accademia Iraniana delle Scienze.

MUHAMMAD AL-SAMMAK (LIBANO). “Due aspetti negativi sono la causa del problema dei cristiani d’Oriente: il primo riguarda la mancanza di rispetto dei diritti dei cittadini nella piena uguaglianza di fronte alla legge in alcuni paesi. Il secondo riguarda l’incomprensione dello spirito degli insegnamenti islamici specifici relativi ai rapporti con i cristiani che il Sacro Corano ha definito “i più predisposti a amare i credenti” e ha giustificato questo amore affermando “che ci sono tra di loro sacerdoti e monaci e che essi non si riempiono d’orgoglio”.

“Questi due aspetti negativi, in tutto ciò che comportano come contenuti intellettuali e politici negativi, e in tutto ciò che implicano come atteggiamenti relativi agli accordi e alla loro applicazione e che provocano come azioni preoccupanti e nocive, fanno del male a tutti - cristiani e musulmani - e ci offendono tutti nella nostra vita e nel nostro destino comuni. Per questo, siamo chiamati, in quanto cristiani e musulmani, a lavorare insieme per trasformare questi due aspetti negativi in aspetti positivi: in primo luogo, attraverso il rispetto dei fondamenti e delle regole della cittadinanza che opera l’uguaglianza prima nei diritti e poi nei doveri. In secondo luogo, ostacolando la cultura dell’esagerazione e dell’estremismo nel suo rifiuto dell’altro e nel suo desiderio di avere il monopolio esclusivo della verità, e rafforzando e diffondendo la cultura della moderazione, dell’amore e del perdono, in quanto rispetto della differenza di religione e di fede, di lingua, di cultura, di colore e di razza e poi, come ci insegna il Sacro Corano ci rimettiamo al giudizio di Dio riguardo alle nostre differenze. Sì, i cristiani d’Oriente sono messi alla prova, ma non sono soli”.

“La presenza cristiana in oriente, che opera e agisce con i musulmani, è una necessità sia cristiana che islamica. È una necessità non solo per l’Oriente, ma anche per il mondo intero. Il pericolo di un calo di questa presenza a livello quantitativo e qualitativo è una preoccupazione sia cristiana che islamica, non solo per i musulmani d’Oriente, ma anche per tutti i musulmani del mondo. Non solo, io posso vivere il mio Islam con qualunque altro musulmano di ogni stato ed etnia, ma in quanto arabo orientale, non posso vivere la mia essenza di arabo senza il cristiano arabo orientale. L’emigrazione del cristiano è un impoverimento dell’identità araba, della sua cultura e della sua autenticità”.

“È per questo che sottolineo ancora una volta qui, dalla tribuna del Vaticano, ciò che ho già detto alla venerabile Mecca, ossia che sono preoccupato per il futuro dei musulmani d’Oriente a causa dell’emigrazione dei cristiani d’Oriente. Conservare la presenza cristiana è un comune dovere islamico nonché un comune dovere cristiano. I cristiani d’oriente non sono una minoranza casuale. Essi sono all’origine della presenza dell’Oriente prima dell’Islam. Sono parte integrante della formazione culturale, letteraria e scientifica della civiltà islamica”.

AYATOLLAH SEYED MOSTAFA MOHAGHEGH AHMADABADI (IRAN). “Nel corso degli ultimi decenni, le religioni si sono trovate di fronte a nuove situazioni. L’aspetto più importante di questo fatto è la diffusa confusione dei loro discepoli nel contesto reale della vita sociale, come pure nelle arene nazionali e internazionali. Prima della Seconda Guerra Mondiale, e nonostante gli sviluppi tecnologici, i seguaci delle diverse religioni vivevano di solito all’interno dei propri confini nazionali. Non esisteva l’enorme problema dell’immigrazione né la vasta espansione della comunicazione che unisce gruppi sociali tanto differenti tra loro”. (…) Ma oggi siamo testimoni dei grandi cambiamenti occorsi dalla metà del secolo scorso e tale trasformazione prosegue a un ritmo incredibile. Ciò non ha avuto soltanto un effetto qualitativo sui rapporti tra le religioni, ma ha altresì condizionato i rapporti tra i diversi segmenti delle religioni e perfino tra i loro seguaci. È indubbio che nessuna religione può rimanere indifferente di fronte a questa situazione di rapidi cambiamenti”.

“Nelle società in cui sono esistiti diversi gruppi etnici con le proprie lingue e religioni, per il bene della stabilità sociale e della “sanità etnica”, occorre che ognuno rispetti la loro presenza e i loro diritti. La concordanza di interessi e il benessere sociale a livello nazionale e internazionale sono tali che nessun gruppo o paese può essere trascurato. E questa è la realtà del nostro tempo”.

“Non dobbiamo forse considerare inoltre quale sia la situazione ideale per i credenti e i seguaci? Qual è la migliore condizione raggiunta? Sembra che il mondo ideale sia uno stato in cui i credenti di ogni religione, liberamente e senza preoccupazioni, timori o obblighi, possano vivere secondo i principi fondamentali e le usanze dei propri costumi e tradizioni. Tale diritto universalmente riconosciuto dovrebbe essere messo effettivamente in pratica dagli stati e dalle comunità”.
SE/ VIS 20101015 (2120)

OTTAVA CONGREGAZIONE GENERALE

CITTA' DEL VATICANO, 15 OTT. 2010 (VIS). Questa mattina, in presenza del Santo Padre e di 168 Padri Sinodali, si è tenuta l’Ottava Congregazione Generale dell’Assemblea Generale per il Medio Oriente del Sinodo dei Vescovi. Presidente Delegato di turno è stato il Cardinale Leonardo Sandri, Prefetto della Congregazione per le Chiese Orientali.

Di seguito riportiamo gli interventi di un Delegato fraterno, dei Padri Sinodali e degli Uditori.

VESCOVO SHAHAN SARKISSIAN, DI ALEPPO, PRIMATE DEGLI ARMENI IN SIRIA. “Dobbiamo manifestare più concretamente e più chiaramente l’Unità delle Chiese, che costituisce, oggi più che mai, un imperativo per il Medio Oriente. (...) Il rispetto e la comprensione reciproca costituiscono le basi del dialogo e della coesistenza islamico – cristiana. Approfondire la convivenza con l’Islam, rimanendo fedeli alla missione e all’identità cristiana. (...) Si considera una priorità, rilanciare e promuovere l’educazione cristiana, il rinnovamento spirituale e la diaconia, l’evangelizzazione interna e la trasmissione di valori cristiani ai giovani, la partecipazione attiva dei laici alla vita e vocazione della Chiesa. Sottolineare l’importanza della collaborazione ecumenica istituzionale e il dialogo teologico bilaterale. La riforma e la riorganizzazione del Consiglio delle Chiese del Medio Oriente costituiscono oggi una priorità fondamentale, alla quale già si dedicano le Chiese membri del Consiglio”.

CARDINALE JEAN-LOUIS TAURAN, PRESIDENTE DEL PONTIFICIO CONSIGLIO PER IL DIALOGO INTERRELIGIOSO “L’Assemblea Speciale per il Medio Oriente del Sinodo dei Vescovi rappresenta una opportunità e una sfida: 1) una opportunità perché deve permettere di comprendere meglio che i conflitti non risolti della regione non sono causati da motivi religiosi, come testimonia la presenza fra noi di rappresentanti del Giudaismo e dell’Islam. L’urgenza di una riflessione trilaterale (ebrei, cristiani e musulmani) sul ruolo delle religioni nelle società medio orientali. 2) Una sfida è quella di offrire ai cristiani del Medio Oriente orientamenti concreti: non dobbiamo essere timidi nel reclamare non solo la libertà di culto, ma anche la libertà religiosa. La società e la Chiesa non devono né forzare una persona ad agire contro la sua coscienza, né impedirle di agire secondo la sua coscienza. Investiamo di più in favore delle nostre scuole e università, frequentate da cristiani e musulmani: sono laboratori indispensabili per vivere insieme. Domandiamoci se facciamo abbastanza, a livello delle chiese locali, per incoraggiare i nostri cristiani a rimanere sul posto, alloggi, costi per l’istruzione, assistenza sanitaria. Non si può aspettare tutto dagli altri”.

VESCOVO GIACINTO-BOULOS MARCUZZO, AUSILIARE DI GERUSALEMME DEI LATINI, VICARIO PATRIARCALE DI GERUSALEMMEI DEI LATINI PER ISRAELE. “La formazione è in assoluto la più grande necessità della Chiesa in Medio Oriente. È la priorità pastorale che il l’Assemblea Speciale per il Medio Oriente dovrebbe avere. (...) Il miglior metodo da seguire per questa operazione pastorale di fede e di Chiesa, sono convinto che sia il tradizionale e sempre attuale: “Osservare, giudicare, attuare. (...) Osservare la realtà, i cambiamenti e i ‘segni dei tempi’; giudicare la realtà alla luce della Parola di Dio e della fede e fare discernimento; in ultimo, passare alla vita, programmando piani d’azione e di compromesso. (...) Oggi in Terra Santa tutte le Chiese cattoliche hanno compiuto un’altra grande mediazione culturale e hanno realizzato l’esperienza di un Sinodo pastorale diocesano, il quale ha veramente ravvivato e rinnovato la nostra fede, e ci ha dato un ‘Piano generale pastorale’ comune per questo tempo. (...) Dal momento che è il miglior metodo nei momenti di novità e cambiamento, la mediazione culturale della fede è anche la più indicata per la nostra situazione in Israele, dove vi sono due grandi novità storiche nella Chiesa: una Comunità arabo-palestinese che vive in minoranza in mezzo alla maggioranza ebraica; la nascita di una ‘Comunità cattolica di espressione ebraica’”.

PROFESSORE AGOSTINO BORROMEO, GOVERNATORE GENERALE DELL’ORDINE EQUESTRE DEL SANTO SEPOLCRO DI GERUSALEMME (ITALIA). “Oltre ai tradizionali aiuti alle Chiese, si potrebbe tuttavia cercare di porre in essere nuove strategie miranti a creare migliori condizioni di vita a favore dei cristiani. Cito alcuni esempi: 1) costruzione di alloggi sociali; 2) la creazione di ambulatori medici nelle località distanti dai centri ospedalieri; 3) la concessione di microcrediti, soprattutto per finanziare attività che creino nuove fonti di redditi o aumentino quelli già percepiti; 4) l'elaborazione di un sistema di microassicurazioni, con particolare riferimento al settore delle assicurazioni sanitarie; 5) contatti con imprese occidentali al fine di verificare se possano essere interessate a trasferire alcune fasi dei processi produttivi in Medio Oriente. Naturalmente, queste iniziative dovranno essere poste in opera in stretta collaborazione con le autorità ecclesiastiche locali e sotto il controllo delle singole Chiese. Anche se i risultati potrebbero essere modesti, essi rappresenterebbero comunque una testimonianza concreta della vicinanza dei cristiani di tutto il mondo ai problemi e alle sofferenze dei nostri fratelli e sorelle del Medio Oriente”.

MADAME JOCELYNE KHOUEIRY, MEMBRO FONDATORE E PRESIDENTE DEL MOVIMENTO MARIANO: “LA LIBANEISE FEMME DU 31 MAI”. “Nella nostra Chiesa dobbiamo offrire la possibilità alle donne, ai giovani, alle coppie, alle famiglie e, soprattutto, alle persone disabili, di poter compiere scelte di vita coerenti con il Vangelo, e di scoprire la loro propria missione nella Chiesa e nella società araba e medio orientale. (...) L’integrazione della preparazione remota al matrimonio e ai valori familiari deve costituire una priorità nei nostri programmi educativi e pastorali, per contribuire ad affrontare con coscienza e responsabilità le deviazioni della società del consumo. (...) Se la donna cristiana può esprimersi e testimoniare la bellezza della fede e del vero senso della dignità e della libertà, ciò costituisce una testimonianza urgente che interpella la donna musulmana e apre nuovi cammini al dialogo. Non è secondario, di fronte alla continua minaccia dell’emigrazione, che le nostre famiglie possano appoggiarsi ed essere accompagnate dalla loro Chiesa, madre ed educatrice, affinché siano realmente santuari aperti al dono della vita, soprattutto quando questa è segnata dalla disabilità o da difficoltà socio-economiche”.
SE/ VIS 20101015 (960)

MESSAGGIO ALLA F.A.O. GIORNATA MONDIALE ALIMENTAZIONE

CITTA' DEL VATICANO, 15 OTT. 2010 (VIS). Il Santo Padre ha indirizzato un Messaggio al Direttore Generale dell’Organizzazione delle Nazioni Unite per l’Alimentazione e l’Agricoltura (F.A.O.), Dottor Jacques Diouf, in occasione della Giornata Mondiale dell’Alimentazione.

“Il tema della Giornata Mondiale dell’Alimentazione 2010 ‘Uniti contro la Fame’” – scrive il Papa – “ricorda opportunamente che tutti devono impegnarsi per dare al settore agricolo la giusta importanza. Tutti – dal singolo alle organizzazioni della società civile, stati e istituzioni internazionali – devono dare priorità ad uno degli obiettivi più urgenti per la famiglia umana: la libertà dalla fame. Per realizzare la libertà dalla fame è necessario assicurare non soltanto la disponibilità di alimenti, ma anche che ognuno abbia quotidiano accesso all’alimentazione: ciò significa promuovere le risorse e le infrastrutture necessarie a sostenere la produzione e la distribuzione su scala sufficiente e a garantire pienamente il diritto all’alimentazione”.

“Se la comunità internazionale deve essere ‘realmente’ unita contro la fame” – sottolinea Benedetto XVI – “allora si deve vincere la povertà mediante un autentico sviluppo umano, fondato sull’idea della persona come unità di corpo, anima e spirito. Oggi, tuttavia, c’è la tendenza a limitare la visione dello sviluppo a quella che soddisfa le necessità materiali della persona, specialmente tramite l’accesso alla tecnologia; tuttavia l’autentico sviluppo non è semplicemente una funzione di ciò che una persona ‘ha’, deve anche abbracciare i valori più alti di fraternità. solidarietà, e bene comune”.

“In tale contesto, la F.A.O. ha il compito essenziale di esaminare la questione della fame nel mondo a livello istituzionale e deve proporre particolari iniziative che coinvolgono i suoi stati membri nel rispondere alla crescente domanda di cibo. Le nazioni del mondo sono chiamate a dare e a ricevere in proporzione ai loro bisogni effettivi, in ragione della ‘pressante urgente necessità morale di una rinnovata solidarietà’ specialmente nei rapporti fra paesi in via di sviluppo e paesi altamente industrializzati”.
MESS/ VIS 20101015 (330)

UDIENZE

CITTA' DEL VATICANO, 15 OTT. 2010 (VIS). Nel pomeriggio di ieri il Santo Padre ha ricevuto in udienza il Signor Muhammad al-Sammak, Consigliere politico del Gran Mufti dl Libano per l’Islam sunnita e il Signor Ayatollah Seyed Mostafa Mohaghegh Ahmadabadi, Ph.D., Professore presso la Facoltà di Diritto alla Shahid Beheshti University di Teheran e Membro dell’Accademia Iraniana delle Scienze, per l’Islam sciita.
AP/ VIS
20101015 (70)

ALTRI ATTI PONTIFICI

CITTA' DEL VATICANO, 15 OTT. 2010 (VIS). Il Santo Padre ha nominato l’Arcivescovo Jose Serofia Palma, finora Arcivescovo Metropolita di Palo (Filippine), Arcivescovo Metropolita di Cebu (superficie: 5.088; popolazione: 4.016.000; cattolici: 3.624.000; sacerdoti: 760; religiosi: 2.445), Filippine. L’Arcivescovo Serofia Palma succede al Cardinale Ricardo J. Vidal, del quale il Santo Padre ha accettato la rinuncia al governo pastorale della medesima Arcidiocesi metropolitana, presentata per raggiunti limiti d’età.
NER:RE/ VIS 20101015 (80)

giovedì 14 ottobre 2010

QUINTA CONGREGAZIONE GENERALE

CITTA' DEL VATICANO, 13 OTT. 2010 (VIS). La Quinta Congregazione Generale si è tenuta questo pomeriggio nell’Aula del Sinodo, con gli interventi dei Padri Sinodali. Presidente Delegato di turno è stato il Cardinale Leonardo Sandri, Prefetto della Congregazione per le Chiese Orientali. Successivamente hanno avuto luogo gli interventi liberi in presenza del Santo Padre.
SUA BEATITUDINE NERSES BEDROS XIX TARMOUNI, PATRIARCA DI CILICIA DEGLI ARMENI, ARCIVESCOVO DI BEIRUT DEGLI ARMENI (LIBANO). “Il ritorno alla prima comunità cristiana ci mostra che i primi cristiani non hanno avuto una vita facile, esente dalle difficoltà e dalle avversità; al contrario, hanno subito oltraggi e persecuzioni. Ma questo non ha impedito loro di proclamare integralmente l’insegnamento di Gesù e di perdonare. Troviamo situazioni simili nel contesto attuale. I cristiani non illuminati dallo Spirito Santo credono di dover essere risparmiati dalle difficoltà. Si tratta di un fatto importante da sottolineare; in questo senso occorre rievangelizzare i nostri fedeli proponendo loro la fede vissuta nei primi secoli del cristianesimo. Ciò non significa che non sia necessario lottare per ristabilire la giustizia e la pace in Medio Oriente. Ma sarebbe sbagliato sostenere che, senza questa giustizia e questa pace, il cristiano non può vivere pienamente la sua fede o che deve emigrare. Peraltro, nessuno emigra per la ricerca di una vita cristiana migliore. Il cristiano convinto di essere chiamato, per il battesimo, a testimoniare la sua fede e che conduce una vita cristiana in comunità non ha come prima preoccupazione la ricerca del benessere materiale o della pace e neppure la fuga dai problemi per la tranquillità sua e dei suo cari. Anzi, prendendo esempio dalla testimonianza dei suoi antenati del Medio Oriente, lavora in gruppo con altri confratelli cristiani, per testimoniare con la vita e con l’esempio, per rendere più convincente il messaggio d’amore di Gesù”.
VESCOVO PAUL HINDER, O.F.M. CAP., VICARIO APOSTOLICO DI ARABIA (EMIRATI ARABI UNITI). “I due Vicariati della Penisola arabica, comprendenti Kuwait, Bahrein, Quatar, Emirati Arabi Uniti, Oman, Yemen e Arabia Saudita, non hanno cristiani nativi. I 3 milioni di cattolici su una popolazione di 65 milioni di abitanti sono tutti lavoratori migranti provenienti da un centinaio di Nazioni, per la maggior parte dalle Filippine e dall’India. Circa l’80% sono di rito latino, gli altri appartengono alle Chiese Cattoliche Orientali. Entrambi i Vicari Apostolici sono di rito latino; l’Ordine dei Frati Minori Cappuccini ha lo ‘ius commissionis’ per il territorio; i due terzi degli 80 sacerdoti sono Frati Cappuccini di India, Filippine, Europa e America, appartenenti a differenti riti. (...) Presenza cattolica nei Paesi arabi con l’Islam come religione di stato: leggi severe sull’immigrazione (restrizione del numero dei sacerdoti) e sistema di sicurezza. Diritti individuali e assistenza sociale molto limitati. Nessuna libertà di religione (nessun musulmano può convertirsi, ma i cristiani sono benvenuti nell’Islam), limitata libertà di culto in luoghi designati, concessi da governanti benevoli (eccetto in Arabia Saudita)”.
ARCIVESCOVO ELIE BÉCHARA HADDAD, B.S., DI SIDONE DEI GRECO-MELKITI (LIBANO). “La vendita dei terreni dei cristiani in Libano sta diventando un fenomeno pericoloso che rischia di minacciare la presenza cristiana fino ad annientarla nei prossimi anni. Per porre rimedio a questo fenomeno, proponiamo di: creare una strategia di solidarietà tra le Chiese legate alla Santa Sede; modificare il discorso della Chiesa nei confronti dell’Islam al fine di distinguere nettamente tra Islam e fondamentalismo. Ciò favorisce il nostro dialogo con i musulmani in modo da aiutarci a perseverare nella nostra terra; passare dal concetto di aiuto ai cristiani d’Oriente al concetto di sviluppo per radicarli nelle proprie terre e trovare loro un lavoro. La nostra esperienza nella Diocesi di Saïda è emblematica in questo senso”.
VESCOVO ANTOINE AUDO, S.I., DI ALEP DEI CALDEI (SIRIA). “Nonostante la diminuzione del numero delle vocazioni, occorre mettere alla prova i candidati prima di ammetterli in seminario. Formare i seminaristi al significato profondo di ciascuna liturgia ed essere capaci di apertura all’universalità della Chiesa. Nella teologia, basarsi sul Vaticano II, rispondere alle questioni della modernità nel contesto arabo-musulmano, prestando particolare attenzione all’uso corretto della lingua araba. Infine, seguendo e sulla base dei suggerimenti di Benedetto XVI, dare importanza a una formazione dottrinale solida e viva, che si traduca nella vita quotidiana. (...) Imparare a pregare, insegnare il catechismo, seguire le famiglie, ascoltare le confessioni sono elementi vitali di questa formazione. Accompagnamento pastorale e spirituale durante l’esercizio del ministero sacerdotale. (...) Considerare con obiettività le necessità dei sacerdoti ed arrivare a una compatibilità trasparente della diocesi che aiuti a sviluppare la fiducia fra i sacerdoti e i fedeli. Che la Congregazione per le Chiese Orientali aiuti ogni patriarcato e diocesi a creare un sistema di assicurazione per la malattia e la vecchiaia. Le risorse ci sono, mancano le competenze e il rigore”.
ARCIVESCOVO BERHANEYESUS DEMEREW SOURAPHIEL, C.M., DI ADDIS ABEBA, PRESIDENTE DEL CONSIGLIO DELLA CHIESA ETIOPICA, PRESIDENTE DELLA CONFERENZA EPISCOPALE (ETIOPIA E ERITREA) (ETIOPIA). “L’Etiopia ha circa 80 milioni di abitanti, metà dei quali di età inferiore ai 25 anni. La grande sfida che il Paese affronta è la povertà con le sue conseguenze, quali la disoccupazione. Molti giovani, desiderosi di fuggire la povertà, cercano con ogni mezzo di emigrare. Quelli che emigrano nel Medio Oriente sono per lo più giovani donne che vanno, legalmente o illegalmente, in cerca di un impiego come lavoratrici domestiche, perché la maggior parte di esse non ha alcuna formazione professionale. Per poter facilitare il viaggio, i cristiani cambiano i loro nomi cristiani in nomi musulmani e si vestono come musulmani, in modo da facilitare la procedura dei loro visti. In questo modo i cristiani sono indirettamente forzati a rinnegare le loro radici e la loro eredità cristiane. (...) Anche se ci sono casi eccezionali in cui i lavoratori sono trattati bene e con gentilezza, la grande maggioranza è vittima di sfruttamento e abusi. (...) Sembra che ai cristiani che muoiono in Arabia Saudita non sia permesso di esservi seppelliti; i loro corpi sono trasportati in volo in Etiopia per la sepoltura. Si potrebbe chiedere alle autorità saudite di concedere un cimitero per i cristiani dell’Arabia Saudita? Molti etiopici si rivolgono alle Chiese cattoliche del Medio Oriente per aiuto e assistenza. Desidero ringraziare le gerarchie cattoliche del Medio Oriente che stanno facendo del loro meglio per assistere le vittime di abuso e sfruttamento. Siamo grati, per esempio, per il grande lavoro della Caritas del Libano. La moderna emigrazione è considerata come una ‘moderna schiavitù’. Ma ricordiamo che gli emigrati di oggi saranno domani cittadini e leader nei Paesi ospiti o nella loro patria”.
Successivamente il Presidente Delegato di turno ha dato la parola all’Invitato Speciale, Rabbino David Rosen, Consigliere del Gran Rabbinato di Israele, Direttore del “Dipartimento per gli Affari Interreligiosi del Comitato Ebraico- Americano e dell’Istituto Heilbrunn per la Comprensione Interreligiosa Internazionale” (Israele), che ha parlato su: “Rapporti Ebrei-Cristiani e Medio Oriente”.
Di seguito riportiamo alcuni estratti del discorso:
“Oggi il rapporto tra la Chiesa cattolica e il popolo ebraico vive una fortunata trasformazione – si potrebbe affermare senza precedenti storici. Nelle sue parole nella Grande Sinagoga di Roma il gennaio scorso, Sua Santità Papa Benedetto XVI ha ricordato l’insegnamento del Concilio Ecumenico Vaticano II come un “punto fermo a cui riferirsi costantemente nel nostro atteggiamento e nei nostri rapporti con il popolo ebraico, segnando una nuova e significativa tappa”.
(...) “Fino a poco tempo fa la maggior parte della società israeliana è stata alquanto inconsapevole dei profondi cambiamenti dei rapporti fra cattolici e ebrei. Tuttavia questa situazione ha cominciato a cambiare in modo significativo nell’ultimo decennio per diversi motivi, di cui due sono specialmente degni di nota. Il primo è l’impatto della visita del compianto Papa Giovanni Paolo II nell’anno 2000, a seguito dello stabilimento di rapporti diplomatici bilaterali tra Israele e la Santa Sede sei anni prima. (...) Il potere delle immagini, il significato delle quali Papa Giovanni Paolo II comprendeva bene, ha rivelato chiaramente alla maggioranza della società israeliana la trasformazione che aveva avuto luogo negli atteggiamenti dei cristiani riguardo al popolo ebraico, con il quale il Papa aveva mantenuto e avrebbe continuato a mantenere mutua amicizia e rispetto. Per Israele vedere il Papa al Muro del Pianto, ciò che era rimasto del Secondo Tempio, stare in piedi nel rispetto della tradizione ebraica, porvi il testo che aveva composto per una liturgia di perdono che aveva avuto luogo due settimane prima qui a, San Pietro, impetrando il perdono Divino per i peccati commessi contro gli Ebrei nei secoli, ha avuto un effetto straordinario e commovente. Gli ebrei israeliani hanno ancora molta strada da fare per superare la negatività del passato, ma non c’è dubbio che gli atteggiamenti sono mutati da quella storica visita”. “L’altro importante fattore è l’influsso di altri cristiani che hanno raddoppiato l’assetto demografico della popolazione cristiana in Israele. Mi riferisco prima di tutto ai circa cinquantamila cristiani praticanti immigrati in Israele negli ultimi venti anni dall’ex Unione Sovietica. (...) Tuttavia c’è una terza significativa popolazione cristiana in Israele la cui permanenza legale è alle volte problematica. Si tratta di migliaia di cristiani praticanti su quasi un quarto di milione di lavoratori immigrati provenienti dalle Filippine, dall’Europa Orientale, dall’America Latina e dall’Africa Sub-Sahariana. Molti di loro sono ospiti nel Paese legalmente e temporaneamente. (...) La ragguardevole presenza cristiana in questa popolazione mantiene una vita religiosa viva e costituisce una significativa terza dimensione della realtà cristiana nell’Israele di oggi. Questi fattori hanno contribuito, fra gli altri, ad una crescente familiarità in Israele con il cristianesimo odierno”.
“I cristiani in Israele sono ovviamente in una situazione molto diversa rispetto alle altre comunità sorelle in Terra Santa, parte integrante della società palestinese che lotta per la propria indipendenza, inevitabilmente e quotidianamente coinvolti nel conflitto israelo-palestinese. (...) È giusto e opportuno che questi cristiani palestinesi esprimano le loro sofferenze e speranze sulla situazione. (...) La condizione dei Palestinesi in generale e dei Palestinesi cristiani in particolare dovrebbe essere di grande preoccupazione per gli Ebrei di Israele e della Diaspora. Per cominciare, specialmente l’ebraismo ha portato il riconoscimento al mondo che ogni persona umana è creata a immagine di Dio. (...) Noi abbiamo una speciale responsabilità in particolare per il nostro prossimo che soffre. Questa responsabilità è ancora maggiore quando le sofferenze derivano da un conflitto del quale noi siamo una parte e paradossalmente precisamente dove abbiamo il dovere morale e religioso di proteggerci e difenderci. (...) La responsabilità ebraica di assicurare che le comunità cristiane fioriscano fra di noi, nel rispetto del fatto che la Terra Santa è la terra della nascita della Cristianità e dei Luoghi Santi, è rafforzato dalla nostra riscoperta e crescente fraternità”.
“Tuttavia anche oltre la nostra particolare relazione, i cristiani come minoranza, nel contesto ebraico e musulmano, ricoprono un ruolo speciale per le nostre società. La situazione delle minoranze è sempre una profonda riflessione della condizione sociale e morale di una società nel suo complesso. Il benessere delle comunità cristiane in Medio Oriente è una specie di barometro delle condizioni morali dei nostri paesi. Il grado di diritti civili e religiosi e della libertà dei cristiani, certifica la salute o l’infermità delle rispettive società nel Medio Oriente. Inoltre come ho già indicato, i cristiani ricoprono un ruolo chiave nel promuovere la comprensione interreligiosa e la cooperazione nel Paese. Suggerirei che questa è precisamente la missione cristiana, contribuire a superare il pregiudizio e i fraintendimenti che agitano la Terra Santa”.
(...) “L’Instrumentum Laboris’ cita le parole di Benedetto XVI: ‘È importante da una parte avere dialoghi bilaterli – con gli Ebrei e con l’Islam – e anche un dialogo trilaterale’ . Quest’anno, per la prima volta, il Pontificio Consiglio per il Dialogo Interreligioso e la Pontificia Commissione per i Rapporti Religiosi con l’Ebraismo hanno ospitato insieme con il Comitato Internazionale Ebraico per le Consultazioni Interreligiose (IJCIC) e la fondazione per le Tre Culture in Siviglia, Spagna, il nostro primo dialogo trilaterale. Questa è stata una grande gioia per me, (....) e spero con fervore che questo sia solo l’inizio di un dialogo trilaterale più esteso, per superare il sospetto, il pregiudizio e il fraintendimento, così che possiamo essere in grado di individuare i valori condivisi nella famiglia di Abramo per il benessere dell’umanità”.
SE/ VIS 20101014 (2040)

SESTA CONGREGAZIONE GENERALE

CITTÀ DEL VATICANO, 14 OTT 2010 (VIS). Questa mattina si è svolta la Sesta Congregazione Generale, alla presenza del Papa e di 167 Padri Sinodali. Presidente Delegato di turno è stato Sua Beatitudine Ignace Youssef III Younan, Patriarca di Antiochia dei Siri (Libano).
Riportiamo di seguito estratti di alcuni interventi:
SUA BEATITUDINE IGNACE YOUSSEF III YOUNAN, PATRIARCA DI ANTIOCHIA DEI SIRI (LIBANO). “Da duemila anni, e in particolare negli ultimi quattordici secoli, i cristiani, divenuti minoranza nei loro paesi, sono stati duramente provati nella loro testimonianza di fede fino al martirio. Il nostro amato Salvatore, prima della sua ultima offerta, difese la Verità, sinonimo del diritto inalienabile della persona alla libertà, offrendo la Sua salvezza per tutti, anche per coloro che si opponevano al suo messaggio d’amore incomparabile e universale. La nostra salvezza è aderire coraggiosamente al suo messaggio e proclamare, senza alcun timore la Verità nella vera carità. I nostri fedeli che nella regione tormentata del Medio Oriente hanno diritto a sperare, si aspettano molto da questo Sinodo. Sta a noi dare loro le ragioni della loro fede inseparabile dalla speranza nel nostro amato Salvatore, che ci rassicurati: ‘non temere, piccolo gregge’”.
ARCIVESCOVO CLAUDIO MARIA CELLI, PRESIDENTE DEL PONTIFICIO CONSIGLIO PER LE COMUNICAZIONI SOCIALI (CITTÀ DEL VATICANO). “La cultura digitale è presente anche nelle diverse nazioni del Medio Oriente e nelle Chiese locali attraverso le TV, le radio, il cinema, i siti web e le reti sociali. Tutto questo spazio mediatico incide sulla vita quotidiana. (…) È necessaria la formazione degli agenti di pastorale. Certo, dei laici e in particolare dei giornalisti, ma non solo. È urgente la formazione dei seminaristi, non tanto alla tecnologia, che sanno gestire molto meglio di noi, ma alla comunicazione, alla comunione in questa cultura in veloce sviluppo. Senza dei sacerdoti e poi dei vescovi che capiscano la cultura odierna, ci sarà ancora un divario comunicativo che non favorisce la trasmissione della fede ai giovani nella Chiesa. Non basta costruire dei siti web; ci vuole una presenza che riesca a creare vincoli di comunicazione autentica, che apra dei ‘luoghi’ di aggregazione per la testimonianza della fede e del rispetto dell'altro. Ovviamente, ciò non significa trascurare l'incontro personale e la vita comunitaria presenziale; non si tratta di azioni alternative. Sono ormai, tutte e due, indispensabili per l'estensione del Regno di Dio”.
VESCOVO JEAN TEYROUZ, AUSILIARE DI CILICIA DEGLI ARMENI (LIBANO). “Il Papa Giovanni Paolo II chiede di mantenere e intensificare i rapporti tra le comunità cattoliche della diaspora e i diversi patriarcati. (…) Le Chiese ortodosse godono di maggiori poteri in tutte le questioni riguardanti il loro patriarcato. In una prospettiva ecumenica, il non concedere alle Chiese orientali cattoliche maggiori poteri giurisdizionali costituisce un ostacolo e rischia di farle scomparire un giorno. Non pianificare il futuro significa votarsi alla sconfitta. La vita ha il suo modo di punire i ritardatari. Invece, il fatto che queste Chiese abbiano maggiore giurisdizione, non è uno stimolo che favorisce l’unità delle Chiese? Concludendo, non è forse auspicabile che la Chiesa cattolica conceda maggiori poteri giurisdizionali ai patriarchi delle Chiese “sui iuris” per il bene di tutte le Chiese cattoliche e ortodosse?”.
ARCIVESCOVO GEORGES BOU-JAOUDÉ C.M., DI TRIPOLI DEI MARONITI (LIBANO). “L’“Instrumentum Laboris” ha fatto appena allusione al ruolo dei laici nella Chiesa e al loro rapporto con il clero e i Vescovi. Nella Chiesa maronita i laici hanno sempre partecipato alla vita della Chiesa attraverso le confraternite mariane. Allo stesso modo, alcuni laici sono sempre stati incaricati della gestione dei beni e delle proprietà della Chiesa; altri, ordinati sotto-diaconi, aiutavano nelle relazioni con l’autorità civile. Sono nati nuovi movimenti ispirati a quelli fondati in Occidente. Alcuni si sono inculturati all’interno delle Chiese orientali, altri non ancora. Le giornate mondiali della gioventù hanno dato vita a gruppi e commissioni di giovani nelle diocesi. Nel 1997 in Libano, si è svolto un congresso di laici, convocato dal Presidente del Pontificio Consiglio per i Laici a Roma. Attualmente se ne sta preparando un altro su decisione dei Patriarchi cattolici d’Oriente”.
VESCOVO CAMILLO BALLIN, M.C.C.J., VICARIO APOSTOLICO DEL KUWAIT (KUWAIT). “Nella tradizione musulmana, il Golfo è la terra sacra del profeta dell’Islam, Maometto, e nessun’altra religione dovrebbe esistere lì. Come possiamo conciliare questa affermazione con la realtà delle nostre Chiese nel Golfo, in cui vivono circa tre milioni di cattolici? Essi provengono dai paesi asiatici e non solo. La realtà della loro presenza, che non può essere nascosta, mette in discussione l’affermazione musulmana. Non possiamo ridurre la nostra assistenza a questi fedeli unicamente alla celebrazione della messa della domenica, o anche quotidiana, e alle nostre omelie. Occorre recuperare l’aspetto missionario della Chiesa. Infatti, una Chiesa che non ha uno spirito missionario e che si ripiega su se stessa, sulle proprie devozioni e tradizioni, è destinata a vivere una vita che non è la vita ‘in abbondanza’ voluta dal Signore. In questo, le Congregazioni missionarie latine hanno un ruolo fondamentale da svolgere. È urgente accogliere i carismi, le nuove realtà ecclesiali riconosciute dalla Santa Sede anche se sono spesso considerate adatte solo per la Chiesa latina e poco o per niente adatte alle Chiese orientali. È importante formare i cristiani delle nostre Chiese a uno spirito veramente cattolico e universale, capace di spezzare il giogo del provincialismo (anche religioso), del nazionalismo (etnocentrico) e del razzismo (latente). Voglio rassicurare le loro Beatitudini i Patriarchi e tutti i nostri fratelli Vescovi che nel Golfo stiamo facendo tutto quanto è nelle nostre possibilità e che se foste voi stessi là non potreste fare di più. Chiediamo ai nostri fratelli musulmani di darci gli spazi necessari per poter pregare adeguatamente”.
ARCIVESCOVO PAUL NABIL EL-SAYAH, ESARCA PATRIARCALE DI ANTIOCHIA DEI MARONITI, DI HAIFA E TERRA SANTA, ESARCA PATRIARCALE A GERUSALEMME, IN PALESTINA E GIORDANIA (ISRAELE). “La questione ecumenica in Medio Oriente, in generale, e in Terra Santa, in particolare, è diventata una sfida di estrema importanza per tutta la Chiesa, dalla base al vertice del sua struttura. Abbiamo 13 Chiese principali a Gerusalemme, con confini fisici e psicologici assai ben delineati, le cui tradizioni e memorie sono più temprate che in qualsiasi altra parte del mondo. Lo scandalo delle nostre divisioni viene spesso trasmesso in diretta mondiale, soprattutto quando i conflitti scoppiano presso il Santo Sepolcro il Venerdì Santo, o nella chiesa della Natività, la mattina di Natale, sotto gli occhi dei mezzi di comunicazione internazionali. (…) La nostra identità di cristiani sarà sempre deficitaria se non ci sforziamo seriamente di rispettare l’agenda ecumenica. (…) La testimonianza non può essere data in modo autentico se le nostre chiese non sono insieme e non lavorano insieme. Affrontare le sfide ecumeniche non è un’opzione, per noi, bensì una necessità assoluta. (…) Vorrei esortare le nostre Chiese a fare i passi necessari per salvare il Consiglio delle Chiese Mediorientali che sembra essere sul punto di disintegrarsi. Esso è l’unico ombrello sotto cui possono ripararsi tutte insieme le nostre Chiese. Sarebbe una gran perdita per la causa ecumenica”. SE/ VIS 20101014 (1170)
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