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lunedì 31 marzo 2014

ANGELUS: LA STORIA DEL CIECO GUARITO DA GESÙ È ANCHE LA NOSTRA

Città del Vaticano, 30 marzo 2014 (VIS). Alle 12:00 di oggi il Santo Padre Francesco si è affacciato alla finestra del suo studio per recitare l'Angelus con le migliaia di fedeli e pellegrini convenuti in Piazza San Pietro. Nell'introdurre la preghiera mariana il Papa ha commentato il Vangelo di San Giovanni che presenta l'episodio dell'uomo cieco dalla nascita al quale Gesù dona la vista. "Il miracolo - ha detto il Papa - è narrato da Giovanni in appena due versetti, perché l'evangelista vuole attirare l'attenzione non sul miracolo in sé, ma su quello che succede dopo, sulle discussioni che suscita".

"Tante volte un’opera buona, un’opera di carità suscita chiacchiere e discussioni, perché ci sono alcuni che non vogliono vedere la verità. (...) Il cieco guarito viene prima interrogato dalla folla stupita (...) poi dai dottori della legge (...). Alla fine il cieco guarito approda alla fede, e questa è la grazia più grande che gli viene fatta da Gesù: non solo di vedere, ma di conoscere Lui, vedere Lui come 'la luce del mondo'".

"Mentre il cieco si avvicina gradualmente alla luce, i dottori della legge al contrario sprofondano sempre più nella loro cecità interiore. Chiusi nella loro presunzione, credono di avere già la luce; per questo non si aprono alla verità di Gesù. Essi fanno di tutto per negare l’evidenza. Mettono in dubbio l’identità dell’uomo guarito; poi negano l’azione di Dio nella guarigione, prendendo come scusa che Dio non agisce di sabato; giungono persino a dubitare che quell’uomo fosse nato cieco. La loro chiusura alla luce diventa aggressiva e sfocia nell’espulsione dal tempio dell’uomo guarito".

"Il cammino del cieco invece è un percorso a tappe, che parte dalla conoscenza del nome di Gesù. (...) A seguito delle incalzanti domande dei dottori della legge, lo considera dapprima un profeta e poi un uomo vicino a Dio. Dopo che è stato allontanato dal tempio, escluso dalla società, Gesù lo trova di nuovo e gli 'apre gli occhi' per la seconda volta, rivelandogli la propria identità: 'Io sono il Messia', così gli dice. A questo punto colui che era stato cieco esclama: 'Credo, Signore!', e si prostra davanti a Gesù".

"La nostra vita - ha proseguito il Pontefice - a volte è simile a quella del cieco che si è aperto alla luce, che si è aperto a Dio, che si è aperto alla sua grazia. A volte purtroppo è un po’ come quella dei dottori della legge: dall’alto del nostro orgoglio giudichiamo gli altri, e perfino il Signore! Oggi, siamo invitati ad aprirci alla luce di Cristo per portare frutto nella nostra vita, per eliminare i comportamenti che non sono cristiani; tutti noi siamo cristiani, ma tutti noi, tutti, alcune volte abbiamo comportamenti non cristiani, comportamenti che sono peccati. Dobbiamo pentirci di questo, eliminare questi comportamenti per (...) comportarci come 'figli della luce', con umiltà, pazienza, misericordia. Questi dottori della legge non avevano né umiltà, né pazienza, né misericordia! (...) Non dobbiamo avere paura! Apriamoci alla luce del Signore, Lui ci aspetta sempre per farci vedere meglio, per darci più luce, per perdonarci (...) e rinascere a una vita nuova".

Dopo l'Angelus il Papa ha rivolto un saluto ai militari italiani che hanno compiuto un pellegrinaggio a piedi da Loreto a Roma, "pregando per la pacifica e giusta risoluzione delle contese. E questo è molto bello: Gesù nelle beatitudini dice che sono beati coloro che lavorano per la pace".

"E non dimenticate oggi a casa - ha concluso il Papa - prendere il Vangelo di Giovanni, capitolo 9 e leggere questa storia del cieco che è diventato vedente e dei presunti vedenti che si sono affondati di più nella loro cecità".

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