Città
del Vaticano, 16 dicembre 2013
(VIS). Il 13 dicembre scorso, presso l'Università Urbaniana di Roma,
l'Arcivescovo Dominique Mamberti, Segretario per i Rapporti con gli
Stati, ha tenuto un intervento introduttivo nel quadro di una
Conferenza promossa dalla Georgetown University di Washington, sul
tema: "Cristianità e libertà: prospettive storiche e
contemporanee".
"Il
concetto stesso di 'diritti umani' è sorto in un contesto
cristiano", ha affermato l'Arcivescovo Mamberti citando
l'esempio di San Tommaso Moro "il quale al prezzo della sua
stessa vita ha dimostrato che i cristiani sono proprio coloro che,
illuminati dalla ragione e in virtù della loro libertà di
coscienza, rigettano ogni sopraffazione".
"Il
legame tra cristianesimo e libertà è dunque - ha proseguito -
originario e profondo. Esso affonda le proprie radici
nell’insegnamento stesso di Cristo, trovando poi in san Paolo uno
dei suoi più strenui e geniali promotori. La libertà è intrinseca
al cristianesimo, poiché, come dice Paolo, 'Cristo ci ha liberati
perché restassimo liberi'. L'’Apostolo si riferisce primariamente
alla libertà interiore del cristiano, ma tale libertà interiore ha
naturalmente anche delle conseguenze sociali".
"Quest’anno
ricorre il mille settecentesimo anniversario dell’Editto di Milano,
che segna il coronamento dell’espandersi sociale della libertà
interiore affermata da san Paolo. In pari tempo, dal punto di vista
storico e culturale, l’Editto - ha ricordato l'Arcivescovo Mamberti
- segna l’inizio di un cammino che ha caratterizzato la storia
europea e del mondo intero e che ha portato lungo i secoli alla
definizione dei diritti umani e all’affermazione della libertà
religiosa quale 'primo dei diritti umani'".
Se
Costantino intuì che lo sviluppo dell’Impero dipendeva dalla
possibilità per ciascuno di professare liberamente la propria fede
"la storia dimostra che vi è un circolo virtuoso fra l’apertura
al trascendente caratteristica dell’animo umano e lo sviluppo
sociale. Basti considerare il patrimonio artistico mondiale, e non
solo quello di matrice cristiana, per comprendere la bontà di tale
nesso. (...) A questo punto occorre, però, fugare un equivoco nel
quale è facile incorrere, poiché la parola 'libertà' può essere
interpretata in molti modi. Essa non può essere ridotta al mero
libero arbitrio, né intesa negativamente quale assenza di legami,
come purtroppo accade nella cultura di oggigiorno. (...) Il corretto
esercizio della libertà religiosa non può prescindere dalla mutua
interazione di ragione e fede (...) Ciò costituisce allo stesso
tempo l’argine contro il relativismo, come pure contro quelle forme
di fondamentalismo religioso, che vedono, esattamente come il
relativismo, nella libertà religiosa una minaccia per la propria
affermazione ideologica".
"Quando
il Concilio Vaticano II ha affermato il principio della libertà
religiosa - ha ricordato infine l'Arcivescovo Mamberti - non ha
proposto una dottrina nuova. Al contrario, ha ribadito una comune
esperienza umana, ossia che 'tutti (…), in quanto persone, dotate
cioè di ragione e di libera volontà e perciò investiti di
personale responsabilità, sono dalla loro stessa natura (…) tenuti
a cercare la verità'. (...) È nella verità vista non tanto quanto
assoluto che già possediamo, quanto piuttosto come possibile oggetto
di conoscenza razionale e relazionale che troviamo la possibilità di
un sano esercizio della libertà. Ed è proprio in tale nesso che
troviamo l’autentica dignità della persona umana".
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