Città
del Vaticano, 16 gennaio 2013
(VIS). L'Arcivescovo Dominique Mamberti, Segretario della Segreteria
di Stato per i Rapporti con gli Stati, è stato intervistato da Radio
Vaticana in occasione del pronunciamento del Tribunale Europeo dei
Diritti Umani su alcuni casi relativi alla libertà di coscienza e di
religione.
Il
15 gennaio, il Tribunale Europeo dei Diritti Umani ha pubblicato il
suo giudizio su quattro casi relativi alla libertà di coscienza e di
religione di impiegati nel Regno Unito. Due di essi si riferiscono
alla libertà di un lavoratore di indossare una piccola croce attorno
al collo sul posto di lavoro, e gli altri due riguardano la libertà
di obiettori di coscienza alla celebrazione di una unione civile fra
persone dello stesso sesso e del consultorio coniugale per coppie
dello stesso sesso.
"Qualche
tempo fa la Missione della Santa Sede al Consiglio d'Europa ha
pubblicato una Nota sulla libertà e sull'autonomia istituzionale
della Chiesa. L'Arcivescovo spiega che la questione della libertà
della Chiesa nei suoi rapporti con le autorità civili è attualmente
esaminata dal Tribunale Europeo dei Diritti Umani in due casi
riguardanti la Chiesa Ortodossa di Romania e la Chiesa Cattolica.
Sono il Sindacatul 'Pastoral cel Bun' contro la Romania e il
'Fernández Martínez
contro la Spagna'. In questa occasione la Rappresentanza Permanente
della Santa Sede al Consiglio d'Europa ha redatto una Nota sintetica
che spiega il Magistero (l'insegnamento ufficiale della Chiesa) sulla
libertà e sull'autonomia istituzionale della Chiesa cattolica".
"In
questi casi - ha affermato l'Arcivescovo Mamberti - il Tribunale
Europeo deve decidere se il potere civile ha rispettato la
Convenzione Europea sui Diritti Umani nel rifiutare di riconoscere un
sindacato di sacerdoti (nel caso della Romania) e di rifiutare di
nominare un insegnante di religione che pubblicamente professa
posizioni contrarie all'insegnamento della Chiesa (nel caso dello
Spagna). In entrambi i casi sono stati invocati i diritti alla
libertà di associazione e alla libertà di espressione al fine di
obbligare le comunità religiose ad agire in un modo contrario al
loro stato canonico e al Magistero. Così, questi casi chiamano in
causa la libertà della Chiesa a funzionare secondo le sue proprie
norme e a non essere soggetta a regole civili tranne che quelle
necessarie per assicurare il rispetto del bene comune e del giusto
ordine pubblico. La Chiesa si è sempre dovuta difendere al fine di
preservare la sua autonomia rispetto al potere civile e alle
ideologie. Oggi, un importante questione nei paesi occidentali è
quella di determinare quanto la cultura dominante, fortemente segnata
da individualismo materialista e da relativismo, possa comprendere e
rispettare la natura della Chiesa, che è una comunità fondata sulla
fede e la ragione".
"La
Chiesa è consapevole della difficoltà di determinare i rapporti
fra le autorità religiose e le diverse comunità religiose in una
società pluralistica relativamente alle esigenze della coesione
sociale e del bene comune. In tale contesto, la Santa Sede richiama
l'attenzione sulla necessità di mantenere la libertà religiosa
nella sua dimensione collettiva e sociale. Tale dimensione
corrisponde alla natura essenzialmente sociale delle persone e del
fatto religioso in particolare. La Chiesa non chiede che le comunità
religiose siano 'zone senza legge' ma che esse siano riconosciute
come 'spazi per la libertà', in virtù della libertà religiosa,
mentre rispettano il giusto ordine pubblico. Tale insegnamento non è
riservato alla Chiesa cattolica; i criteri derivanti da esso sono
fondati sulla giustizia e hanno perciò una applicazione generale.
Inoltre il principio giuridico dell'autonomia istituzionale delle
comunità religiose è ampiamente riconosciuto dagli Stati che
rispettano la liberà religiosa e dal diritto internazionale. Lo
stesso Tribunale Europeo dei Diritti Umani ha regolarmente dichiarato
questo principio in diversi importanti pronunciamenti. Tale principio
è stato affermato anche da altre istituzioni. È
il caso in particolare dell'OSCE (Organizzazione per la Sicurezza e
la Cooperazione in Europa) ed anche del Comitato per i Diritti Umani
delle Nazioni Unite nel, rispettivamente, 'Documento finale' della
Conferenza di Vienna del 19 gennaio 1989 e nella 'Osservazione
Generale n. 22 sui Diritti alla Libertà di Pensiero, Coscienza e
Religione del 30 luglio 1993. È
tuttavia utile richiamare e difendere questo principio dell'autonomia
della Chiesa e del potere civile".
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