Città del Vaticano, 3 giugno 2012 (VIS). Quasi mezzo milione di persone hanno partecipato, sabato, alla Festa delle Testimonianze nell'ambito del VII Incontro Mondiale delle Famiglie, nel Parco Bresso di Milano (Italia). Alle 20:30 è giunto il Santo Padre che ha partecipato alla Festa ed ha risposto alle domande, formulate da alcune famiglie presenti, intervallate da canzoni e musica. La crisi economica, la situazione dei divorziati nella Chiesa e l'indissolubilità del matrimonio sono stati alcuni dei temi affrontati. Benedetto XVI ha ricordato anche la sua infanzia in famiglia.
Una coppia di fidanzati del Madagascar che segue gli studi universitari in Italia, ha espresso il suo timore alla prospettiva del "per sempre" che implica il matrimonio. Il Papa ha risposto che l'innamoramento, come sentimento, non è forse sempre perpetuo. "Il sentimento dall'amore deve essere purificato, deve andare in un cammino di discernimento, cioè devono entrare anche la ragione e la volontà (...) Nel Rito del Matrimonio, la Chiesa non dice: 'Sei innamorato?, ma 'Vuoi', 'Sei deciso'. Cioè l'innamoramento deve divenire vero amore coinvolgendo la volontà e la ragione in un cammino, che è quello del fidanzamento, di purificazione, di più grande profondità, così che realmente tutto l'uomo, con tutte le sue capacità, con il discernimento della ragione, la forza di volontà, dice: 'Sì, questa è la mia vita'. (...) E qui è importante che (...) sia coinvolta anche la comunità della parrocchia, la Chiesa, gli amici", la fede, Dio stesso.
Una famiglia brasiliana ha presentato il problema dei divorziati risposati che vorrebbero riavvicinarsi alla Chiesa, ma che non possono accedere ai sacramenti. Benedetto XVI ha detto: "Questo problema dei divorziati risposati è una delle grandi sofferenze della Chiesa di oggi. E non abbiamo semplici ricette. (...) Molto importante sarebbe, naturalmente, la prevenzione, cioè approfondire fin dall'inizio l'innamoramento in una decisione profonda, maturata; inoltre, l'accompagnamento nel loro cammino. E poi, quanto a queste persone, dobbiamo dire - come lei mi ha detto - che la Chiesa le ama, ma esse devono vedere e sentire questo amore". Le parrocchie e altre comunità cattoliche devono "fare realmente il possibile perché esse sentano di essere amate, accettate, che non sono 'fuori' anche se non possono ricevere l'assoluzione e l'Eucaristia: devono vedere che, anche molto importante, che sentano che l'Eucaristia, che è vera e partecipata se realmente entrano in comunione con il Corpo di Cristo. Anche senza la ricezione 'corporale' del Sacramento, possiamo essere spiritualmente uniti a Cristo nel suo Corpo. (...) È importante che realmente trovino la possibilità di vivere una vita di fede (...) e possano vedere che la loro sofferenza è un dono per la Chiesa, perché servono così a tutti anche per difendere la stabilità dell'amore, del Matrimonio: (...) è un soffrire nella comunità della Chiesa per i grandi valori della nostra fede".
Una famiglia greca ha domandato al Santo Padre ciò che le famiglie possono fare di fronte alla crisi, per non perdere la speranza. "Le parole sono insufficienti - ha risposto Benedetto XVI - Dovremmo fare qualcosa di concreto e tutti soffriamo del fatto che siamo incapaci di fare qualcosa di concreto. Parliamo prima della politica: mi sembra che dovrebbe crescere il senso della responsabilità in tutti i partiti, che non promettano cose che non possono realizzare, che non cerchino solo voti per sé, ma siano responsabili per il bene di tutti e che si capisca che politica è sempre anche responsabilità umana, morale davanti a Dio e agli uomini. (...) Cerchiamo che ognuno faccia il suo possibile, pensi a sé, alla famiglia, agli altri con grande senso di responsabilità, sapendo che i sacrifici sono necessari per andare avanti. (...) Io penso che forse gemellaggi tra città, tra famiglie, tra parrocchie, potrebbero aiutare. (...) Così anche le parrocchie, le città: che realmente assumano responsabilità, aiutino in senso concreto. E siate sicuri: io e tanti altri preghiamo per voi, e questo pregare non è solo dire parole, ma apre il cuore a Dio".
Cat Tien, una bambina vietnamita di sette anni ha chiesto al Santo Padre di raccontare qualcosa della sua famiglia e della sua infanzia. Benedetto XVI ha ricordato che: "Il punto essenziale era per noi sempre la domenica, ma la domenica cominciava già il sabato pomeriggio. Il padre ci diceva le letture, le letture della domenica. (...) entravamo già nella liturgia, in atmosfera di gioia. Il giorno dopo andavamo a Messa. Io sono di casa vicino a Salisburgo, quindi abbiamo avuto molta musica - Mozart, Schubert, Haydn - e quando cominciava il Kyrie era come se si aprisse il cielo. (...) Eravamo un cuore e un'anima sola, con tante esperienze comuni, anche in tempi molto difficili, perché era il tempo della guerra, prima della dittatura, poi della povertà. Ma questo amore reciproco che c'era tra di noi, questa gioia anche per cose semplici era forte e così si potevano superare e sopportare anche queste cose. (...) E così siamo cresciuti nella certezza che è buono essere un uomo, perché vedevamo che la bontà di Dio si rifletteva nei genitori e nei fratelli. (...) Così, in questo contesto di fiducia, di gioia e di amore eravamo felici e penso che in Paradiso dovrebbe essere simile a come era nella mia gioventù. In questo senso spero di andare 'a casa', andando verso l'altra parte del mondo'".
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domenica 3 giugno 2012
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