CITTA' DEL VATICANO, 29 GIU. 2009 (VIS). Alle ore 9:30 di oggi, Solennità dei Santi Apostoli Pietro e Paolo, il Santo Padre Benedetto XVI ha presieduto nella Basilica Vaticana la Concelebrazione dell'Eucaristia con 34 Arcivescovi Metropoliti ai quali, nel corso del Sacro Rito, ha imposto il Sacro Pallio.
All'inizio dell'omelia il Santo Padre ha salutato in particolare i Membri della Delegazione del Patriarcato Ecumenico di Costantinopoli, guidata da Sua Eminenza Emmanuel, Direttore dell'Ufficio della Chiesa Ortodossa presso l'Unione Europea.
Nel commentare la Prima Lettera di San Pietro, Benedetto XVI ha affermato: "Questa Lettera è un testo ricchissimo, che proviene dal cuore e tocca il cuore. Il suo centro è - come potrebbe essere diversamente? - la figura di Cristo, che viene illustrato come Colui che soffre e che ama, come Crocifisso e Risorto". Pietro "chiama Cristo il 'pastore e custode delle … anime' (2,25). Dove la traduzione italiana parla di 'custode', il testo greco ha la parola 'epíscopos' (vescovo)".
"Sorprende che Pietro chiami Cristo stesso vescovo - vescovo delle anime. (...) Egli ci vede nella prospettiva di Dio. Guardando a partire da Dio, si ha una visione d'insieme, si vedono i pericoli come anche le speranze e le possibilità. Nella prospettiva di Dio si vede l'essenza, si vede l'uomo interiore. Se Cristo è il vescovo delle anime, l'obiettivo è quello di evitare che l'anima nell'uomo s'immiserisca, è di far sì che l'uomo non perda la sua essenza, la capacità per la verità e per l'amore. Far sì che egli venga a conoscere Dio; che non si smarrisca in vicoli ciechi; che non si perda nell'isolamento, ma rimanga aperto per l'insieme. Gesù, il 'vescovo delle anime', è il prototipo di ogni ministero episcopale e sacerdotale. Essere vescovo, essere sacerdote significa in questa prospettiva: assumere la posizione di Cristo. Pensare, vedere ed agire a partire dalla sua posizione elevata. A partire da Lui essere a disposizione degli uomini, affinché trovino la vita".
"Così la parola 'vescovo' s'avvicina molto al termine 'pastore'" - ha rilevato il Papa affermando che il pastore "deve anche saper resistere ai nemici, ai lupi. Deve precedere, indicare la via, conservare l'unità del gregge. (...) Questo significa essere pastore - modello del gregge: vivere la Parola ora, nella grande comunità della santa Chiesa".
"Come Pastori del nostro tempo" - ha proseguito il Pontefice - "abbiamo il compito di comprendere noi per primi la ragione della fede. Il compito di non lasciarla rimanere semplicemente una tradizione, ma di riconoscerla come risposta alle nostre domande. (...) Fa parte dei nostri doveri come Pastori di penetrare la fede col pensiero per essere in grado di mostrare la ragione della nostra speranza nella disputa del nostro tempo. (...) La fede non deve rimanere teoria: deve essere vita. (...) Da una tale certezza vissuta deriva poi la capacità di comunicare la fede agli altri in modo credibile".
"Alla fine vorrei far notare ancora una piccola, ma importante parola di san Pietro. Subito all'inizio della Lettera egli ci dice che la mèta della nostra fede è la salvezza delle anime (cfr 1,9). (...) Resta vero che l'incuria per le anime, l'immiserirsi dell'uomo interiore non distrugge soltanto il singolo, ma minaccia il destino dell'umanità nel suo insieme. Senza risanamento delle anime, senza risanamento dell'uomo dal di dentro, non può esserci una salvezza per l'umanità. La vera malattia delle anime, san Pietro la qualifica come ignoranza - cioè come non conoscenza di Dio. Chi non conosce Dio, chi almeno non lo cerca sinceramente, resta fuori della vera vita".
"È l'obbedienza alla verità che rende pura l'anima. Ed è il convivere con la menzogna che la inquina. L'obbedienza alla verità comincia con le piccole verità del quotidiano, che spesso possono essere faticose e dolorose. Questa obbedienza si estende poi fino all'obbedienza senza riserve di fronte alla Verità stessa che è Cristo. Tale obbedienza ci rende non solo puri, ma soprattutto anche liberi per il servizio a Cristo e così alla salvezza del mondo".
Infine rivolgendosi agli Arcivescovi che stavano per ricevere dalle sue mani il Sacro Pallio, Benedetto XVI ha detto che esso: "Ricorda il gregge di Gesù Cristo, che voi, cari Fratelli, dovete pascere in comunione con Pietro. Ci ricorda Cristo stesso, che come Buon Pastore ha preso sulle sue spalle la pecorella smarrita, l'umanità, per riportarla a casa. Ci ricorda il fatto che Egli, il Pastore supremo, ha voluto farsi Lui stesso Agnello, per farsi carico dal di dentro del destino di tutti noi; per portarci e risanarci dall'interno".
HML/SAN PIETRO/... VIS 20090630 (750)
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